Maestro della vera santità

Commento alla liturgia della Domenica “FIRMATO” Famiglia XXX Domenica tempo ordinario - anno B

MESSALE metti piccola in commento al vangeloLe Beatitudini costituiscono il solenne esordio del Discorso della montagna. Attraverso questa parte del suo Vangelo, Matteo sembra voler mettere in guardia verso due rischi sempre in agguato: l’ortodossia sterile, ossia sentirsi “a posto” in quanto appartenenti alla Chiesa, e lo spiritualismo disincarnato, ossia tradurre la fede cristiana in un fatto solo spirituale, interiore e senza concretezza. Tuttavia non si pensi a una raccolta per riunire le linee fondamentali dell’insegnamento di Gesù, o perlomeno non solo. Matteo vuol proporre, mettendolo davanti alla comunità cristiana, l’atteggiamento che sta alla base di tutte le scelte e orienta l’agire del cristiano… perché non basta l’appartenenza alla Chiesa, l’ortodossia. Ecco l’atteggiamento con cui metterci in ascolto di queste parole: sono per noi. Oggi. Il messaggio del Vangelo si potrebbe sintetizzare tutto nell’espressione: vivere da figli di Dio, amando gli altri come noi stessi. Tuttavia è necessario tradurre le parole in azioni. Ecco allora che Gesù scende nel concreto evidenziando gli atteggiamenti da cui si possa vedere e toccare l’agire cristiano, e grazie ai quali vedere e toccare la risposta di Dio. Ma andiamo per ordine. In poche righe introduttive l’evangelista ci permette di entrare nel contesto: ci sono due gruppi di ascoltatori, la folla e i discepoli. A quale dei due gruppi apparteniamo? I discepoli, hanno lasciato tutto, stanno perennemente con Gesù, appena lui accenna a dire o fare qualcosa sono lì, in ascolto, e provano a imitarlo. Non per questo sono già santi, ma desiderano restare sempre con lui: “Signore, dove andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”. Il gruppo della folla è composto da persone che assistono a qualcosa, sentono delle parole, vedono delle cose. Potenzialmente potrebbero diventare discepoli, nella misura in cui si aprono alla Parola e si rendono conto di chi è Gesù per loro… Il monte: immagine dell’origine divina della Parola; Gesù sale per prendersi cura di quelle persone nel modo più prezioso possibile, facendo lui da tramite tra loro e Dio in persona, donando la Parola del Padre. Altre volte Gesù si pone su un monte, e lì conduce i discepoli, (Trasfigurazione, discorso di invio dopo la Resurrezione…).

Il monte è l’immagine di un luogo, o meglio di una dimensione interiore in cui Dio si rivela. Gesù si mette a sedere: sappiamo che questo gesto caratterizzava coloro che insegnavano agli altri, quindi è un segno che qualifica Gesù come Maestro e il suo discorso come un insegnamento. Ci piacerebbe però sottolineare il modo, l’atteggiamento interiore che comporta questo insegnare stando seduti. Quando un figlio chiede la nostra attenzione totale è facile sentirsi dire: “Mettiti seduto, papà, siediti vicino a me, mamma…”. Vuol dire la certezza che in quel momento noi non dobbiamo allontanarci, fare altro: semplicemente il bambino vuole essere sicuro che noi faremo quella cosa (fare i compiti, leggere una storia, montare un gioco complicato, guardare il cartone preferito…) con lui/lei, senza distrazioni, essendo tutti lì, presenti a noi stessi. Quando diciamo “insegnare” è questo che intendiamo, non il semplice trasmettere concetti o informazioni. Gesù insegna in questo modo. La mente va quasi istantaneamente all’immagine descritta nella prima lettura: alle creature, angeliche e terrestri, che sono riunite intorno a Dio seduto in trono. È vero che Dio viene presentato sul trono della sua regalità, ma non ci sembra di dire un’eresia se sottolineiamo quanto debba essere bello essere là in quella situazione dove Dio è “tutto per loro”, seduto, e loro, i santi e gli angeli, sono insieme a Lui, semplicemente godendo della sua presenza e in piena comunione reciproca… bello come solo il paradiso può essere. Del resto, noi siamo stati creati a immagine di una comunione di Persone che godono della reciproca compagnia: è nel nostro Dna. Per usare le parole di mons. Tonino Bello: “Il genere umano è chiamato a vivere sulla terra ciò che le tre Persone divine vivono nel cielo: la convivialità delle differenze”. Questo si traduce concretamente negli atteggiamenti presentati nelle Beatitudini. Santità: è la strada della santità a qualificare una persona come “santa”, non tanto il punto a cui è arrivata. Tante persone che abbiamo conosciuto, e ancor più persone sconosciute, hanno orientato la loro vita in questo modo e hanno ricominciato sempre, dopo ogni caduta, ogni volta che un ostacolo ha tentato di interrompere il loro cammino. Maria, nostra madre, è l’emblema di quanto sia tutta una questione di atteggiamento interiore e di opere di santità, piccole, quotidiane, di cui lei è maestra. O Maria, continua a ricordarci che la santità non è avere o fare qualcosa, ma essere in un certo modo. Conduci i tuoi figli a scommettere ogni giorno tutta la vita nel tentare concretamente di costruire relazioni solide con Dio e con il prossimo, per sperimentare la vera pace.

AUTORE: Mauro Pierucci Elisabetta Giorgi