Cari lettori ci siamo lasciati con l’augurio di Natale e con il messaggio della pace del Papa che abbiamo pubblicato integralmente nell’ultimo numero, il 47, de La Voce. Ci riprendiamo, per così dire, per mano in un cammino che parte dall’inizio dell’anno, teso a raggiungere nuovi spazi e desiderati traguardi. Il discorso si riavvia dal punto lasciato e raccoglie echi interessanti di quanto Benedetto XVI ha osato affermare con forza: “la pace fondata sulla verità”. Un’affermazione forte, non nuova, ma detta con un tono nuovo e alto, quasi una sfida. Si direbbe una rivoluzione, quella che Ratzinger vuole proporre al mondo di oggi, dicendo parole inusuali e dando a parole usuali significati nuovi. Praticamente il Papa rovescia la prospettiva che voleva la pace fondata sull’abbandono di verità e certezze, per conservare soltanto un vago sentimento di tolleranza estrema. Si teorizza da parte di alcuni filosofi “deboli” che ci si deve comportare secondo criteri improntati ad relativismo etico, che consenta ad ognuno di scegliere un proprio modello di comportamento.
Egli ritiene invece che solo nella “verità”, non nella “sua”, ma in quella che egli ritiene in possesso di tutti gli uomini di buona volontà, la verità fondamentale che illumina la coscienza di ogni essere umano, vi è la speranza che gli uomini organizzino la loro convivenza planetaria nella pace. Egli ha fiducia nell’essere umano, sostenendo la tesi che “L’uomo è capace di verità”. Una tesi non facile, ma certamente suggestiva che fa leva sull’universale apprezzamento della dignità dell’uomo e implica il rispetto della sua libertà di coscienza, di una coscienza illuminata dal vero e attratta dal bene. Sulla stessa linea Benedetto ha affermato che, se scontro di civiltà vi potrà essere, ciò non dipenderà dalla lotta di una verità contro un’altra, di una religione contro un’altra, ma dal terrorismo che a sua volta si alimenta dalle situazioni di fame e miseria esistenti nel mondo. Miseria ed ignoranza sono i nemici della pace, non il vero e il bene.
Questo sfondo di idee di inizio dell’anno, sparse a larghe mani dal Vaticano nelle più diverse direzioni del mondo, come semi trasportati dal vento, sono un atto o una serie di atti che esprimono l’amore cristiano verso il mondo intero nella convinzione che il Natale è per noi e anche per tutti, come abbiamo scritto nell’ultimo numero de La Voce. Vorremmo con ciò dire che questo vale anche per noi e per quanto andiamo scrivendo ogni settimana su queste pagine e per quelli che hanno scritto prima di noi fin dall’inizio, come abbiamo ricordato recentemente a Fossato di Vico, in una manifestazione in memoria di don Antonio Berardi, direttore de La Voce nei primi venti anni, un prete che si è lasciato guidare dalla passione per la verità e la giustizia ed ha sacrificato giorni, energie e risorse, nel sostenere con infaticabile volontà le ragioni del Vangelo e dei poveri. Quanti preti e laici sono caduti sul campo, nello sforzo di testimoniare la fiducia nell’uomo e nella sua intelligenza, utilizzando soltanto la parola e la penna. Anche noi, oggi, attraverso La Voce, questo mezzo di comunicazione che la Provvidenza ci ha fatto incontrare, come giornalisti o come lettori, intendiamo compiere la nostra parte a favore della verità, dell’onestà, della giustizia e della pace. E allora: Buon Anno! Con noi.