In occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università degli Studi di Perugia il Cardinale Gualtiero Bassetti ha celebrato la messa all’interno della cappella dell’Università. Ecco il testo integrale dell’omelia pronunciata davanti a studenti e docenti.
“Magnifico Rettore, docenti e studenti, personale amministrativo, a voi il mio più cordiale saluto nel giorno dell’inaugurazione dell’Anno Accademico, dies annualis del nostro Ateneo, la cui istituzione ufficiale risale al 1308 con la bolla di Papa Clemente V. La Parola di Dio che è stata proclamata è un invito a riflettere su temi, sempre di grande attualità. L’apertura alla vita di fede, che ci viene trasmessa dalla Parola di Dio, e l’adesione a questa Parola, non intende violare la coscienza di nessuno, ma solo presentare quella verità che è capace di rivelarsi da sola, senza alcuna forzatura. L’apertura alla verità di Dio e il dialogo tra gli uomini, nel pieno rispetto reciproco, sono temi e campi difficilmente separabili.
Gli Atti degli Apostoli ci presentano il diacono Stefano aggredito dagli anziani e dagli scribi perché non riescono a competere con la sua sapienza. E usando ogni mezzo, compresa la calunnia, lo fanno condannare a morte. Quando una verità è scomoda e mette in discussione un certo ordine della vita, costruito dagli uomini per un proprio egoistico fine, c’è chi diventa intollerante e usa ogni mezzo per far tacere l’interlocutore.
Ma l’apparente silenzio di chi soccombe è solo temporaneo; come dice Gesù in un altro passo del Vangelo, sono le pietre stesse a gridare, deponendo a favore dell’innocente, destinato invece alla resurrezione e all’eternità.
Il cristiano non grida, ma piuttosto ascolta, e non si stanca di cercare e ricercare, senza mai dare nulla per scontato: è attento al soffio dello Spirito, ossia alle testimonianze dei fratelli, anche di quelli più lontani, perché in tutti c’è il “seme” del Creatore. Amore per la verità e disponibilità all’ascolto è il vero atteggiamento di chi si apre alla comprensione dell’altro, confrontandosi in un dialogo vero, senza prevaricazioni. E questo vale anche quando ci si applica allo studio, sia che si scrutino le grandi fonti storiche della sapienza, sia che si indaghi il futuro negli spazi interplanetari o nelle grandi possibilità di bene offerte dalla tecnologia e da tutte le scienze”.
“Che cos’è la verità? Ecco la domanda che investe l’uomo di ogni tempo. E che cos’è la ricerca della verità? Ecco la pratica che caratterizza gli uomini e le donne, ispirate da Dio, che decidono di mettersi in cammino. La pratica della ricerca, laicamente, rappresenta il principio ispiratore della universitas studiorum fin dalla fondazione. Lo studio, lo spirito di abnegazione e l’esigenza del dialogo – che è la base imprescindibile del rapporto fra docente e discepolo – richiedono un sincero e paziente atteggiamento di apertura verso l’altro. Senza questa volontà, senza questo “amore” di capire e di entrare in sintonia si rischia l’incomprensione. L’uomo aperto alla ricerca del vero si sforza di entrare in rapporto con il pensiero e le azioni del prossimo e di capire le ragioni della sua vita e della sua storia.
È in questo la speranza che il nostro vecchio mondo può e deve riporre nelle nuove generazioni. È questo il “buon seme” che la universitas studiorum può e deve davvero coltivare e diffondere “a tutti”, come dice il suo nome antico.
Come ha detto Francesco, parlando all’Università cattolica dell’Ecuador, l’Università è una “terra fertile assetata di vita”. Una terra, cioè, che è un terreno buono per la semina, perché è un luogo abitato dalla gioventù più dinamica e dalle migliori eccellenze educative di una nazione. Ma questa terra, però, ha bisogno di cure pazienti, di impegno da parte di tutti e di essere messa doverosamente al centro dell’agenda pubblica nazionale. Le Università non possono rappresentare solo un costo per lo Stato o l’appendice finale dell’apparato educativo. Le Università, infatti, sono il cuore pulsante e il maggior fattore di sviluppo di un Paese. Senza di esse, senza una giusta valorizzazione della loro funzione sociale, difficilmente, si potrà uscire da questa fase di continua stagnazione economica”.
“Naturalmente, in questo contesto, anche l’Ateneo perugino ha di fronte a sé tutti i problemi di una fase storica estremamente difficile da affrontare. Non posso non constatare, però, come pastore, la tenace volontà e il grande sforzo da parte di tutte le componenti dell’Ateneo, per difendere e valorizzare la più importante e prestigiosa istituzione culturale della città. L’Università di Perugia, infatti, è prima di tutto una comunità di uomini e donne. Accanto agli studenti e ai professori si accosta il lavoro fondamentale del personale amministrativo a cui va il mio personale e paterno abbraccio.
Tutti assieme – la comunità universitaria, la città, le istituzioni civili e religiose – nello spirito di collaborazione, che da sempre ci avvicina, possiamo e dobbiamo “custodire” – come usa dire Francesco – l’Ateneo di Perugia che, da più di sette secoli, rappresenta uno dei simboli più importanti di questa città nel mondo.
Infine, in questa particolare occasione mi si permetta, a chiusura, una parola di ricordo commosso del cappellano universitario Mons. Elio Bromuri, che proprio in questo mondo dedicato, ma direi “consacrato” alla ricerca della cultura e della verità, nonché del dialogo sereno e senza pregiudizi, ha speso tutte le sue energie e, giorno per giorno, la sua intera esistenza.