Con il 1° di agosto, cioè oggi, L’Unità cessa le pubblicazioni. Il “quotidiano del Partito comunista italiano, fondato da Gramsci” era in situazione agonica da tempo e ora ha dato l’ultimo respiro. La notizia non cade come un fulmine a ciel sereno; ci sono state in passato altre crisi e interruzioni, e c’è chi spera in una rinascita… detto con rispetto: anche Rinascita, glorioso settimanale comunista, è morta da tempo (1991), per cui sarà meglio per i sostenitori dell’Unità parlare eventualmente di ripresa.
La notizia è stata diffusa con clamore mediatico e ha avuto un effetto shock sia per chi dice “meglio così, era ora”, sia per chi sostiene “L’Unità non deve morire, è come ammainare una bandiera”.
Per molti comunisti ancora presenti sotto diverse denominazioni, il quotidiano rappresenta il simbolo di una grande storia, la storia di una grande movimento di operai e di contadini, organo di stampa militante a sostegno delle ragioni della classe operaia, l’apripista di ogni manfestazione, sciopero, battaglia politica. Pur avendo attraversato varie fasi che lo hanno reso un giornale aperto al dialogo, informato, ben fatto dal punto di vista tecnico e con un’edizione digitale, per cui si può leggere anche su pc e su altri strumenti di ultima generazione, e nonostante il sostegno di una parte del Pd, che ora se la prende con Renzi, questo giornale muore.
“Perché ne parliamo con attenzione e vi dedichiamo questa riflessione, con le tante cose che avvengono ben più importanti?”. Qualche nostro vecchio amico, da sempre sospettoso che La Voce sia di sinistra – per altri siamo di destra! – vogliamo ricordare che nei 60 anni di vita del nostro settimanale cattolico regionale umbro, i contatti e gli scontri tra L’Unità e La Voce non sono mancati, soprattutto nel periodo che va dalla fondazione (1953) al nuovo corso iniziato nel 1984. Ho scritto “scontri”, in realtà erano attacchi e critiche che La Voce scagliava contro L’Unità, motivo evidente la polemica anticomunista. Succedeva che in Umbria, nei paesi o nelle città, ci fossero volontari comunisti che portavano L’Unità nelle case degli iscritti e simpatizzanti, e altri facevano altrettanto con La Voce, che portavano nelle case degli iscritti all’Azione cattolica.
Chi ha ricordi del 1948, in quelle elezioni, decisive per l’Italia, tra il fronte popolare egemonizzato dai comunisti di Togliatti e il fronte democristano di De Gasperi e Gedda, può capire di che cosa stiamo parlando. In modo ancora più specifico possiamo ricordare la figura del primo direttore de La Voce, Pietro Fiordelli, che, divenuto vescovo di Prato, si trovò al centro di una polemica aspra che costò a Fiordeli un condanna del tribunale di Prato. Con tutto ciò, non stiamo qui a dire “noi ci siamo ancora e loro vengono meno”. Non lo abbiamo fatto neppure quando Montanelli fondò La Voce (morta dopo pochi anni) commettendo uno sgarbo nei confronti del nostro giornale, che già esisteva ed esiste tuttora. Voglio piuttosto dire che al fondo della chiusura dell’Unità e della crisi della carta stampata, ci sono probemi economici.
Oggi resiste nel campo della comunicazione chi ha molte risorse economiche e riesce ad avere molti lettori stuzzicando anche forti interessi e passioni. Per un giornale militante però quello che conta è soprattutto la coesione di una comunità, partito o associazione che sia, che creda veramente in ciò che scrive. A sinistra c’è la frammentazione… non può resistere un organo che si chiama L’Unità. Attenti a noi, però, che ci chiamiamo La Voce: se non c’è una sola voce – polifonica e multisonora che sia, ma una – non ci sarà futuro neppure per noi.