Una delle caratteristiche della vita pubblica eugubina è quella che le contrapposizioni politiche, anche quelle estreme, non si tramutano mai in prese di distanza di tipo personale, o addirittura in inimicizie e in odio. Pochi giorni fa è morto Nello Ontano, un contadino grande come un armadio e buono come un bambino della prima comunione, un Santantoniaro (traduco: ceraiolo del Cero di sant’Antonio) ritenuto da tutti come un esemplare senza mende di quel tipo di ceraiolo. Due anni fa è morto Pietrangelo Farneti, detto “Il Pacio”, altro Santantoniaro stimatissimo, maestro elementare, inventore di alcune delle più belle iniziative che fanno da contorno alla Grande Festa. Nello Ontano era uno dei più attivi e fedeli membri del Circolo “Lenin” di Rifondazione comunista, al punto che giustamente i suoi compagni gli hanno dedicato un manifesto funebre molto affettuoso, ma interamente scritto con inchiostro di colore rosso acceso. Il Pacio era un fascista convinto, un tifoso di “quando i treni arrivavano in orario”, uno che non aveva mai dubitato che Mussolini fosse stato sempre nel giusto, e che la sua rovina si fosse incarnata per intero nei pessimi consiglieri che lo circondavano. Ebbene, fra i due personaggi è esistita da sempre un’amicizia a prova di bomba, fatta di rispetto e di attenzione estrema a impedire che il discorso scivolasse su temi che inevitabilmente li avrebbero visto contrapporsi l’uno all’altro. È l’effetto dei Ceri, sissignori, è uno degli effetti più evidenti della corsa dei Ceri, che non è “la corsa dei matti”, come dicono i poveri di spirito con i calli ai piedi, perché caso mai matto è chi si mette seduto quando tutti corrono. I Ceri: non una corsa ma una festa al cui interno la corsa svolge un ruolo importante, ma non unico né definitivo. Avete mai visto una corsa nella quale non è possibile sorpassarsi? Una volta lo chiese al povero Piero Costantini, di professione tipografo, per vocazione Sangiorgiaro, un anonimo turista proveniente dalla Suburra romana, ghignando: “Ma cchedd’è ssa corsa, che nun ve potete sorpassà?! Me sai di’ chedd’è?!”. Piero si bloccò. Il suo profilo divenne ancora più arcigno del normale, quando era già sufficiente a farlo soprannominare “’l Ciuettone”. Cupo, per un istante. Poi la stoccata: “Ma cchedd’è che ’l giorno dei Ceri non stai a casa??”. Era l’unica risposta giusta. Se non hai un’idea di che cosa sia un’appartenenza forte, addirittura viscerale a una città, a un popolo, ai suoi difetti, ai suoi pregi, al suo Patrono, ai sui vicoli, ai suoi fiumi magri e alle risate grasse, se hai assorbito fino in fondo la più risibile di tutte le idee risibili, che cioè vivere equivale a sorpassare (nel lavoro, nello sport, nell’opinione pubblica…), allora bisogna che il giorno della festa dei Ceri tu rimanga a casa. Era l’unica risposta giusta.
L’unica risposta giusta
AUTORE:
Angelo M. Fanucci