Il mito dell’Umbria verde è svanito da un pezzo lasciando spazio, purtroppo, a numerosi problemi di inquinamento ambientale. Il tutto nasce spesso dalla saturazione dei siti organizzati per accogliere i rifiuti (più o meno speciali) e da mancanze di alternative valide e di rapida attuazione. Insomma, non funziona più l’associazione di due concetti tanto cari agli amministratori umbri: la relazione ‘virtuosa’ tra sostenibilità ambientale e produzione. Un incendio scoppiato ai primi giorni di luglio nella zona industriale di Vascigliano di Stroncone ha interessato un capannone di un rottamatore di auto, di plastica ed altri rifiuti potenzialmente molto pericolosi. L’incendio ha sprigionato una nube carica di inquinanti tra i quali benzene e polveri sottili in quantità ben oltre la soglia di allerta. Si è registrato anche l’inquinamento dei terreni da diossine, con il divieto per alcuni giorni di consumare frutta e verdura nella zona circostante il disastro. Un altro ‘inconveniente’ si è verificato durante i lavori della Terni-Rieti. È stata intaccata una bolla di acque reflue contenenti cromo esavalente. I lavori stavano interessando l’area al di sotto di una discarica gestita prima dal Comune di Terni e poi dalla acciaieria Thyssen Krupp. Il cantiere è stato bloccato dalla magistratura ternana. Ora c’è la possibilità di attuare un particolare trattamento per bonificare le acque dal cromo esavalente e scongiurare uno stop prolungato che metterebbe a rischio l’intera tempistica per la realizzazione dell’opera, nonchè il posto di lavoro di decine di operai. A Terni è ancora in corso l’indagine sugli effetti dell’utilizzo del depuratore dell’Asm e le conseguenze che avrebbe provocato nei confronti degli addetti dell’azienda. È un panorama sconfortante. In questo quadro si inserisce la vicenda della gestione del depuratore comunale di Bettona che ha portato all’arresto di cinque componenti o ex componenti del consiglio di amministrazione della cooperativa che gestisce lo stesso impianto di depurazione, utilizzato da più di 40 allevamenti industriali, con 100mila suini, nelle zone di Bettona, Cannara e Bastia Umbra. Agli arresti domiciliari sono finiti in sei, compresi tre dipendenti dell’Arpa, l’agenzia regionale per la protezione ambientale. Il coinvolgimento è ampio con 60 aziende interessate e 96 persone denunciate a piede libero. Le accuse sono pesantissime: associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti speciali non pericolosi, avvelenamento delle acque, disastro ambientale e falso. Secondo l’accusa, lo smaltimento finale di liquidi e solidi sarebbe avvenuto in modo illecito su terreni agricoli. Con la conseguenza di penetrare nel terreno e danneggiare le falde acquifere. In sintesi: un disastro ambientale. E tutto questo sarebbe avvenuto con la complicità di persone inserite negli organismi di controllo. La vicenda di Bettona è esemplare: un comitato di cittadini denuncia da anni la ‘mala gestione’ del depuratore. Senza avere trovato grandi consensi tra il ceto politico. Basti pensare che Stefano Vinti (Rc) ha chiesto, dopo l’indagine della magistratura, di sospendere la firma del protocollo d’intesa tra Regione, Comune e Codep (la società di gestione dell’impianto) approvata recentemente dal Consiglio regionale. E magari, ora, si verificherà la situazione del depuratore di Marsciano, dove accanto ai liquami degli allevamenti, vengono collocati altri rifiuti.
L’Umbria degli ‘inconvenienti’ ambientali
Sconfortante panorama dei disastri avvenuti in varie zone dell'Umbria. L'ultimo quello di Bettona per il quale sono finiti ai domiciliari sei persone
AUTORE:
E. Q.