L’umanità che ama i conflitti

Capita a tutti – specialmente fra giovani – di essere confidente e mediatore di un litigio fra innamorati, una coppia di fidanzati o di freschi sposini. Un litigio per motivi trascurabili, tipo la scelta della pizzeria o un appuntamento saltato. Chi sente la storia raccontata da lui e poi quella raccontata da lei, rimane sconcertato perché ha sentito due storie diverse e non sa a chi credere.

Questa piccola esperienza di vita fa capire che nella natura umana c’è la tendenza a sopravvalutare le proprie ragioni e a sottovalutare i propri torti, a vedere le colpe altrui e non vedere le proprie. E questo accade se i due litiganti sono due persone che di fondo si vogliono bene, sono in buona fede e discutono di sciocchezze. Figuriamoci se si tratta di una causa legale tra due imprenditori che non si amano affatto, non sono in buona fede, e hanno in ballo interessi milionari. E figuriamoci se si tratta del conflitto tra due popoli che sono stati educati all’odio reciproco, educati a coltivare la memoria di sofferenze e umiliazioni e le relative aspettative di rivalsa (non importa se a spese di qualcuno che non c’entra nulla), e mettono in gioco (o così gli viene fatto credere) un futuro di benessere e di libertà.

Non è così che nascono le guerre, quelle tribali e quelle mondiali? Che ragione avevano in Ruanda, nel 1994, gli hutu e i tutsi per massacrarsi a vicenda? Che ragione avevano i turchi per fare strage degli armeni nel 1915? Che ragione avevano nel 1941 i giapponesi, già in guerra con mezzo mondo, di tirare in guerra anche gli Stati Uniti? Guardiamo ora la situazione in Alto Adige, o Sudtirolo. Un modello perfettamente riuscito – così pare – di convivenza pacifica fra gruppi etnico-linguistici, offerto al resto del mondo come esempio da imitare per risolvere i conflitti analoghi, che sono tantissimi. Grazie alla lungimiranza e alla sensibilità di De Gasperi e del suo interlocutore austriaco nel dopoguerra.

Quegli accordi hanno garantito ai sudtirolesi, fra l’altro, un benessere economico maggiore di quello che avrebbero oltre confine. Eppure, alle ultime elezioni provinciali, hanno avuto buoni risultati, tra gli elettori di lingua italiana come fra quelli di lingua tedesca, i candidati estremisti, quelli che attizzano le rivalità non ancora sopite. Non illudiamoci, l’oscura tendenza al conflitto ha radici profonde nell’animo umano.

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