“Le mie rose rosse e gialle si sono completamente schiuse. Mentre ero là, in quell’inferno, hanno continuato silenziosamente a fiorire. Molti mi dicono: come puoi pensare ancora ai fiori, di questi tempi? Voglio stare proprio in mezzo ai cosiddetti ‘orrori’ e dire ugualmente che la vita è bella, e credo in Dio…”. Parole di Etty Hillesum, ebrea di Amsterdam che nel periodo della deportazione e dello sterminio nazista ha cercato una risposta dentro di sé, non rifiutando gli spunti provenienti dal Vangelo e da sant’Agostino. Nel suo diario, che contiene le sue riflessioni e preghiere scritte tra il 1941 e il 1942, si trova descritto un cammino di crescita della sua sensibilità spirituale e al contempo di quello che definisce un “altruismo radicale” fondato su una solida percezione della realtà. Anche oggi, guardando il mondo intorno a noi, sembra che Dio non si curi di quello che accade a causa del nostro agire perverso. Nella pagina di Vangelo di questa XXXIII domenica ascoltiamo l’annuncio di una grande tribolazione, dopo la quale si verificherà lo sconvolgimento terreno e quello nei cieli; si spengono il sole e la luna. Questo accadrà perché imminente è la venuta del Figlio dell’uomo: sarà lui la causa dell’oscurarsi delle luci naturali. Ma queste parole, che potrebbero sembrare minacciose, sono volte a dirci che l’Altissimo non dorme, anzi, guida la storia e addirittura ci viene annunziato il definitivo ritorno del Signore! Scompaiono il giorno e la notte, le stagioni, i giorni e gli anni, scompare la vita di questa creazione. Le stelle cadono dal cielo e le Potenze dei cieli sono sconvolte. Compare allora il Cristo, la nuova luce, nella gloria: compare quindi il vero firmamento. La luce rimarrà per sempre separata dalle tenebre. Questa tenebra esterna esiste finché esiste l’altra tenebra. Quando risorgeremo, scomparirà questa tenebra perché è scomparsa quella interiore, come scompare questa luce perché appare quella vera. Tutte le realtà mondane che si presentano come forti e invincibili, e di fronte alle quali l’uomo rimane in un atteggiamento di timore e paura, vengono svelate in tutta la loro fragilità e in tutta la loro debolezza. Etty Hillesum descrive bene l’atteggiamento miope di coloro che reagiscono all’orrore della deportazione attaccandosi alle cose: “La cosa più deprimente è sapere che l’orizzonte non si amplia… Le persone odiano; sono ciecamente ottimisti se si tratta della loro piccola persona, e ambiziosi per il loro piccolo impiego”.
Il Cristo verrà con grande potenza e gloria. La gloria e il potere che Gesù ha ricevuto nella sua risurrezione. Nella Bibbia l’intervento salvifico di Dio è accompagnato da sconvolgimenti cosmici (Is 13,10), ma queste parole sono destinate alla comunità cristiana, che ha fatto l’esperienza della risurrezione di Gesù: questi eventi sono sempre correlati con la venuta-presenza del Signore risorto che segna una svolta nel destino dell’umanità e del cosmo. Da qui nasce un atteggiamento che possiamo descrivere come speranza operativa, che ci fa mettere in moto energie sempre nuove, che non si esauriscono perché fondate su una garanzia storica che non delude: la fedeltà di Dio che opera in Gesù. Gli eletti, che erano dispersi, vengono radunati dagli angeli per regnare sempre con Cristo ed essere con lui manifestati nella gloria (cfr. Col 3,1-4). Questa è la prima operazione che il Figlio dell’uomo farà. Il suo primo pensiero sono gli eletti, cioè coloro che lo hanno atteso e che sono dispersi in seno agli uomini. Essi sono raccolti nel regno di Dio. Il termine “raccogliere” qui prevale sulla risurrezione stessa. Il fine della risurrezione è quello di essere con Lui e tra di noi, non più divisi dallo spazio e dal tempo. Anche noi oggi siamo la generazione posta di fronte alla scelta di accogliere Gesù o rifiutarlo. Soprattutto, siamo chiamati ad ascoltare e lasciarci rinnovare dalla Parola di Gesù, che è l’unico elemento non sottoposto alla caducità: “Le mie parole non passeranno”. La parola del Vangelo ci mette realmente di fronte alla sua Persona: noi, oggi, possiamo essere coloro che lo accolgono e alla fine saranno radunati nell’unica grande comunità dei redenti. Tre volte nell’ultima parte del brano viene ripetuta la parola “vigilate”. Non si tratta di fanatismo apocalittico, che spesso impregna una certa mentalità e che porta a vedere i nostri come i tempi più bui che siano mai esistiti, né di un’alienazione, una sorta di narcosi che accade per essere troppo immersi nelle proprie cose, nelle cose del mondo. Possiamo parlare di vigilanza responsabile. Siamo chiamati alla “tensione escatologica”, che ci mette in guardia tanto nei confronti della fuga nell’utopia quanto del congelamento nel presente.