di Pier Giorgio Lignani
Non bastassero le ansietà che ci provoca ogni giorno la politica italiana, con uno o più colpi di scena al giorno – lasciando sempre il sospetto che in fondo sia tutta una farsa – ci sono le più serie preoccupazioni che ci provoca il Medio Oriente.
I meno giovani tra noi ricordano quando, se si parlava di tensioni in Medio Oriente, ci si riferiva al conflitto tra arabi e israeliani. Ormai però, da diversi anni a questa parte, la questione di Israele, benché mai risolta, è quasi in secondo piano. Sono in corso conflitti armati e sanguinosi all’interno del mondo musulmano: guerre civili in Siria, in Yemen, in Iraq, in Libia.
E ancora, rivalità (che, se non sono già guerre, rischiano di diventarlo) fra le diverse correnti dell’islam: sciiti, sunniti, wahabiti. E poi, le ostilità fra grossi Stati: Iran, Turchia, Arabia Saudita. E c’è la perenne rivolta del popolo curdo, che costituirebbe una nazione di circa 50 milioni di persone se il suo territorio non fosse diviso da un secolo tra quattro Stati (Turchia, Iran, Iraq, Siria), nessuno dei quali riconosce loro un’identità autonoma.
Possiamo cavarcela dicendo “fatti loro”? Evidentementeno. Su questo quadro già fosco grava l’ombra delle grandi potenze globali – Usa, Russia, Cina – ciascuna delle quali ha i suoi interessi e li gestisce senza scrupoli.
L’Unione europea non può tenersi fuori da tutto questo, ma dovrebbe spendere il suo peso politico ed economico, finché lo ha, per disinnescare almeno qualcuno di questi conflitti, in atto o potenziali, per non esserne contagiata e travolta. Ma per farlo con la necessaria autorevolezza dovrebbe essere veramente unita; quanto meno, avere una politica estera coordinata e coerente.
Purtroppo, lo sappiamo, l’Unione europea è un gigante senza forza. Come istituzione sovranazionale, può occuparsi solo di quanto gli Stati membri le delegano, e nei limiti di ciò che essi di volta in volta decidono, all’unanimità. La grande politica internazionale non vi rientra. Ciascuno degli Stati membri si muove per conto suo, se ha la forza di farlo; e se non ce l’ha, sta alla finestra. Una enorme potenzialità sprecata a motivo degli egoismi nazionali.