La comunità ucraina a Perugia, come in tutta Italia, è molto numerosa, ci sono decine e decine di uomini e donne che lavorano o studiano nel capoluogo umbro, da sempre uno dei centri più interculturali del nostro Paese. Gli ucraini sono persone molto laboriose, orgogliose delle proprie origini, ma anche solari, più di quello che gli stereotipi sociali possono far pensare. Non ci troviamo più negli anni ’70 o ’80, l’Unione Sovietica ormai fa parte di un passato lontano; l’Ucraina di oggi è un paese culturalmente molto vicino a noi “europei occidentali”. Ho avuto la fortuna di conoscere molti uomini e donne ucraine nel piccolo mondo perugino dei giovani universitari e questo ci ha permesso a vicenda un continuo confronto sulla cultura, usi, costumi e prospettive dei nostri rispettivi paesi. I giovani Ucraini adesso viaggiano per il mondo, studiano le lingue straniere molto più di noi, si integrano e adattano a realtà sempre nuove, pensano come noi, sono aperti come e più di noi. L’Ucraina non fa ancora parte dell’Unione europea, ma è a tutti gli effetti Europa! Quello che è successo a Kiev non deve essere dimenticato né dalla gente comune, né da chi ha ruoli istituzionali e politici.
Durante le ultime settimane ho parlato spesso per telefono con un amico ucraino che si trova in Italia per motivi di studio, ma che continuamente si è sentito combattuto sul da farsi: “Devo continuare ad osservare le cose da lontano oppure meglio lasciare perdere tutto, lezioni ed esami, e correre a Kiev per protestare insieme alla mia famiglia e ai miei amici? In Ucraina era in atto un vero e proprio stato di guerra, tutte le persone che hanno sofferto per riottenere la propria libertà hanno sentito per giorni e giorni gli spari delle armi da fuoco, l’odore acre della polvere da sparo, ma non si sono fermati, la voglia di libertà dall’oppressione di un regime che pensava solo a guadagnare soldi per se era troppo forte.”
C’è stato un momento in cui eri praticamente pronto a prendere l’aereo e unirti al tuo popolo in piazza?
“Avevo già avuto una prima idea il giorno in cui esplose una bomba proprio sotto casa di mia madre, in pieno centro a Kiev. Fortunatamente per lei si è trattato di un grossissimo spavento, ma io fremevo per tornare. Il fatto personalmente più grave è accaduto nella notte fra il 16 e il 17 febbraio, quando ero praticamente deciso a lasciare tutto e ad andare all’aeroporto. La sera precedente, durante la prima grande repressione della polizia, mio padre è rimasto ferito ad una gamba da un colpo di arma da fuoco sparato dalla polizia. A fatica è riuscito a ritornare a casa, se l’avessero portato all’ospedale sarebbe stato arrestato dalla polizia, come già successo a tanti altri. I miei genitori, però, mi hanno fatto desistere dall’andare. Una settimana dopo sono iniziate ad arrivare le buone notizie”.
Non si può più negare che anche il cuore dell’Europa sia stato colpito da una guerra civile nel nuovo millennio, cosa apparentemente impensabile fino a qualche anno fa.
“Amico mio, tu lo sai meglio di me e io lo ripeterò fino allo sfinimento: l’Ucraina è Europa, non solo geograficamente ma anche culturalmente! Quello che è successo deve essere un segnale per tutti noi. Il fatto che l’Ucraina è ormai così integrata con l’Europa e che si trovi a mezza via fra l’Unione Europea e l’ingerenza russa, non ha fatto altro che rendere più intricata la situazione. Nessuno fra Unione Europea e Stati Uniti ha avuto la volontà politica di fare qualcosa di concreto al fine di evitare la guerra civile”.
L’Unione europea e i suoi Stati Membri sono chiaramente arrivati a proporre delle soluzioni molto in ritardo rispetto all’andamento degli eventi, anche se sembrerebbe che le sanzioni nei confronti del Presidente Ianukovich si trovassero sul tavolo del Consiglio già da diverse settimane. Gli americani hanno timidamente tentato di spingere Bruxelles a reagire mentre la reazione europea è stata, come abbiamo visto, tardiva.