Luca De Filippo su “L’arte della commedia”

Un manifesto sul teatro

In occasione dell’anniversario dei cento anni dalla nascita di Eduardo, Luca De Filippo mette in scena fino a domenica 12 novembre al Teatro Morlacchi di Perugia una rarità, una commedia del padre intitolata “L’arte della commedia”, testo che fece appena in tempo a venire alla luce, nel 1965 al San Ferdinando di Napoli, e fu subito accantonato da Eduardo dopo le polemiche sorte per le rivendicazioni artistiche che vi si indirizzavano al mondo ufficiale e politico italiano, e perciò fonte di scomodità e suscettibilità.Lo spettacolo vara un binomio attorale inedito, quello di Luca e di Umberto Orsini rispettivamente nei panni del capocomico Campese e di Prefetto che si fronteggiano in un ufficio di provincia, dopo che l’artista è stato funestato dall’incendio del suo capannone e ha perso il pubblico proletario nel Teatro Comunale dove la compagnia si è accampata. Luca, cos’è che l’ha spinta ad adottare questa commedia “strana”, così definita dallo stesso autore, apparentemente un manifesto di denuncia a sostegno della funzione del teatro? “Io leggo in “L’arte della commedia” un modo di vivere il teatro che fu proprio di Eduardo. A più livelli. Una considerazione di principio scatta attraverso l’attore Campese: il teatro “deve” essere di interesse nazionale, un veicolo di riflessione per tutta la comunità, e quindi lo Stato dovrebbe tenerci di più”. In sintesi, che chiede questo prototipo di attore degli anni Sessanta? “In termini etici e umani, chiede il riconoscimento di una dignità. D’altronde anche il medico, la maestrina, il farmacista, quelli che nel secondo tempo hanno un colloquio di prammatica con il Prefetto, tutti aspirano ugualmente a una dignità”. La sua regia odierna attualizza qualche concetto tutt’ora valido, o rispetta l’ambientazione di 35 anni fa? “Mi attengo letteralmente al testo, che cita una data, il dicembre del ’64. Prendo spunto dal Prologo, e immagino che tutto si possa recitare su una pedana da tenda, una specie di zattera che galleggia con attorno le rovine del capannone bruciato, con le scene della prefettura e di un salone che calano dall’alto. Una recita nella recita. Mi domando se anche il Prefetto non faccia parte della compagnia di Campese”. Accanto a lei c’è Umberto Orsini, un attore insolito per il repertorio di Eduardo… “Il sodalizio con Umberto nacque già anni fa con una mia regia per il suo “Il piacere dell’onestà”. Quanto al ruolo del Prefetto ci voleva una forte esperienza. Lui rappresenta una controparte dialettica, di approfondimento. Deve esserci una complicità ideologica, nella disputa dell’Arte della commedia. E con Umberto c’è, molto bella”.

AUTORE: Luca Verdolini