Nel primo capitolo l’evangelista Marco delinea gli inizi del ministero pubblico di Gesù in Galilea. Qui, proprio nella terra disprezzata dai giudei “doc”, Gesù era stato battezzato, e qui inizia a predicare il “vangelo di Dio”: per Gesù, esso è il lieto annuncio, la buona novella (mentre per gli apostoli predicare il Vangelo sarà predicare la persona di Gesù). Non ci sono catechesi né discorsi programmatici: l’ingresso sulla scena pubblica è legato a un grido profetico, in due tempi. Anzitutto, “il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino”.
Quanto era prestabilito nel tempo (kairòs) si è dunque compiuto: qualcosa è stato, è passato, come anche il Battista è passato e ora si avvia un tempo nuovo, il tempo di Dio. Gesù rende le sue parole “dense” di presenza del Padre, perché tutto il suo ministero è nel Padre, si radica in Lui e a Lui è finalizzato. Dio sta aprendo un tempo nuovo, lo sta facendo adesso. Come se proprio adesso fosse il momento più importante della storia. Gesù vi insiste, perché non descrive il regno di Dio come qualcosa che sarà, prima o poi: ne parla come qualcosa che è vicino, così vicino che trapela un forte senso di speranza.
Il tempo del nuovo regno è vicino perché qualcosa è successo, e Dio lo sta concedendo. Ogni volta che siamo davanti a Gesù e alla sua parola, dovremmo avvertire questa stessa speranza, perché chi ha conosciuto Gesù già è nel regno di Dio e la salvezza è già in atto: la vita è già piena di bellezza e ha ricevuto la sua opportunità più grande. Avere nella propria vita Gesù, questo è quanto di più grande possa esserci! Certamente questo non implica che tutti i nostri problemi concreti siano risolti, le relazioni appianate e i nostri vizi magicamente trasformati in virtù; tutt’altro. Sapere che il regno di Dio è vicino significa sapere che Gesù è con noi nei problemi concreti, nelle relazioni, nella lotta ai vizi e al peccato. È lui la presenza che può riscattarci e che può darci la leggerezza per vivere la fatica; Gesù è l’unica presenza che può consolare il dolore, anche il dolore più sordo; Gesù è la presenza che farcisce di sana ironia l’inconsistenza di quelle giornate che sembrano anonime.
Ecco perché presente e futuro coincidono se “il regno di Dio è vicino”: il futuro è contenuto nel presente, e il presente diventa prova certa per avere speranza nel futuro. Non serve indugiare; temporeggiare è solo buttare via tempo prezioso che potrebbe essere vissuto per godere la bellezza che oggi è davanti a noi.
Per questo, Gesù aggiunge: “Convertitevi e credete nel Vangelo”. Come dire: fate in modo che il regno vicino diventi esattamente qui. Questo dipende dalla risposta di ognuno. Non c’è tempo da perdere! Non tanto perché sia da temere un giudizio severo, ma perché ora Gesù è qui, e non si può perdere un’occasione così bella. Serve una conversione, un vero e proprio cambiamento di mentalità. Tante volte sentiamo di vivere una fede più intensa nel dolore e nella prova, mentre fatichiamo a vivere pienamente la tranquillità e la gioia. Vogliamo sentirci “supereroi” della fede, altrimenti ci sembra di non percepire la nostra fede.
Ecco, quando capita di vivere questo paradosso, si pensi all’invito che ci giunge oggi: cosa temere, se la salvezza è qui? Cosa recriminare o lamentarsi, se abbiamo la possibilità di avere la bellezza di Dio con noi? Perché vivere la rabbia o l’ansia, se la pace è già fra noi? Occorre solo coglierla, e forse anni e anni di ascolto del Vangelo ancora non bastano. La conversione non è mai definitiva, mentre è definitiva la salvezza in Cristo. Intuire questa definitività permette di vivere in una gioia profonda, di avere uno sguardo di speranza sulla vita e di accogliere con tenerezza tutto quello che ci circonda. Assentire e acconsentire all’invito a entrare nel Regno, ora, attua tutto questo. Da qui l’urgenza di portare questa novità al mondo.
Ecco allora perché Simone e Andrea non possono rifiutarsi di seguire Gesù: lui li ha visti, ha posato il suo sguardo su di loro, gli ha comunicato l’immensa opportunità di cogliere la buona novella. E altrettanto fanno Giacomo e Giovanni, che ugualmente hanno l’intelligenza di capire la cosa giusta da fare. Gli apostoli intuiscono che questa può essere l’occasione della loro vita: come dire “no” quando abbiamo una sola vita, e questa unica vita può diventare colma di bellezza? Tutto diventa piccolo a confronto: tutto può essere lasciato andare. Meno Gesù. Gesù è l’unica cosa che vale la pena seguire.