Quando si va all’estero, la parola Assisi apre tante porte perché evoca san Francesco. In Umbria lo Statuto regionale non cita il Poverello né san Benedetto, patrono d’Europa. Non sono compresi nello Statuto regionale, approvato nella precedente legislatura, non per una dimenticanza, ma perché avrebbe comportato un indirizzo della Carta regionale troppo marcato in senso spirituale. È una tipica contraddizione di una regione che è nota in tutto il mondo per la presenza dei due santi ma, evidentemente, se ne “vergogna” un po’. In questo contesto il vescovo di Terni e presidente della Conferenza episcopale umbra, mons. Vincenzo Paglia, ha lanciato la proposta di inserire esplicitamente il riferimento ai due santi nello Statuto regionale. Si è aperto un dibattito politico, anche con qualche polemica, a cominciare dal segretario di Rifondazione comunista, Stefano Vinti, che invita, tra l’altro, ad andare “alla sostanza del messaggio francescano” e di proteggere “sorella acqua”, come diceva il santo, dalle legge del mercato. Vinti sottolinea che ci sono problemi più urgenti in Umbria, come i 10.000 operai in cassa integrazione, i 1.200 sfratti in un anno, la precarietà del lavoro dilagante. Come se questi problemi non fossero all’attenzione della politica umbra. Di fatto, questa proposta fa scattare la reazione ideologica, che sembrava superata dal tempo. Nel dettaglio la proposta di mons. Paglia, al di là di qualche cautela di troppo, pare avere un consenso ampio. Il presidente del consiglio regionale, Eros Brega, afferma che “il rispetto della laicità delle istituzioni e il richiamo a san Francesco e san Benedetto nello Statuto della Regione possono convivere, senza escludersi l’una con l’altro, ma rafforzando l’identità dell’Umbria quale culla dei due santi e dei principi della pace, del dialogo, del rispetto delle culture”. Il consigliere regionale del Partito democratico, Luca Barberini, ritiene “giusta e profondamente condivisibile” la proposta di inserire nello Statuto della Regione Umbria il richiamo ai santi Francesco e Benedetto, “per definire ancor meglio quelle radici di pace e tolleranza che rappresentano un valore sempre vivo e attuale lasciatoci dalla testimonianza umana e religiosa dei due santi umbri”. Il presidente della Provincia di Perugia, Marco Vinicio Guasticchi, ha fatto propria l’idea di mons. Paglia impegnandosi a modificare lo Statuto, con l’auspicio che ci sia la condivisione anche del Consiglio provinciale. È intervenuta anche la portavoce dell’Udc, Sandra Monacelli, rilevando che “la libertà religiosa è elemento imprescindibile di uno Stato di diritto; per dare un contributo prezioso nella costruzione della pace e di un ordine sociale giusto, Benedetto XVI e i leader delle principali religioni del mondo si incontreranno non in una qualunque città, ma ad Assisi, la stessa terra che Giovanni Paolo II scelse per la sua spiritualità la prima volta, 25 anni fa. Di fronte a tutto ciò stride fortemente la mancata caratterizzazione, o forse sarebbe meglio dire la negazione, nello Statuto regionale dell’Umbria, dei riferimenti ai santi Benedetto e Francesco”. Il consigliere regionale Andrea Smacchi (Pd), presidente della Commissione speciale di palazzo Cesaroni per le riforme statutarie, ha dichiarato che “la questione è delicata e verrà messa in calendario quanto prima per avere più tempo possibile per esaminarla”. Il parlamentare umbro del Pdl, Rocco Girlanda, ha chiesto che “il richiamo ai santi umbri non diventi merce di scambio nel dibattito politico e non sia oggetto di proposte provocatorie”.
Lo Statuto “orfano”
REGIONE. Le reazioni politiche alla proposta di mons. Paglia di inserire i santi Benedetto e Francesco nel testo dello Statuto regionale
AUTORE:
Emilio Querini