La piccola Umbria non è solo “il cuore verde d’Italia” – secondo il celebre slogan turistico degli anni Settanta – ma è anche crocevia del traffico internazionale della droga e della “tratta” di giovani donne, soprattutto dell’ Europa dell’Est, costrette a prostituirsi sui marcipiedi di tutta Italia. Le ultime operazioni di polizia lo confermano. La scorsa settimana, in un solo giorno, i carabinieri con due diverse indagini hanno sgominato due bande, in gran parte costituite da albanesi, che con promesse varie facevano arrivare in Umbria dalla Romania donne di quel Paese per poi, con ricatti ed anche violenze fisiche, sfruttarle come prostitute.
I carabinieri di Todi, diretti dal capitano Marcello Egidio, con l’operazione “Artur” hanno arrestato cinque albanesi, imparentati tra loro, che da alcuni anni si erano trasferiti a Todi, Perugia e Gualdo Cattaneo. Con l’aiuto di un romeno, per ora sfuggito alla cattura, reclutavano giovani donne in Romania alle quali offrivano alloggio in appartamenti di Perugia. Sequestravano i loro documenti di identità e le facevano prostituire nelle stradi “a luci rosse” di Perugia, Todi e dell’Orvietano. Si facevano consegnare metà degli incassi (le tariffe erano di 50 euro a prestazione) in cambio della protezione. Questo perché i marciapiedi ed i tratti di queste strade a luci rosse sono divisi e controllati dalle varie bande con “regolamenti di conti” in caso di sconfinamenti e contese. Le donne sfruttate, in base a questo “codice” che regola la vita sulle strade, dovevano pagare 2.000 euro per farsi restituire il passaporto o se volevano passare nella “scuderia” di altri protettori. La banda di albanesi (altri due sono ancora ricercati) gestiva anche un traffico di stupefacenti, e talvolta le giovani donne venivano utilizzate come copertura nei viaggi dei “corrieri” per i rifornimenti di droga.
È partita invece da Treviso l’altra operazione dei carabinieri, chiamata “Calibro”, con la quale è stata sgominata un’altra banda di una decina di persone tra albanesi e romeni che spacciavano ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, in particolare cocaina, e sfruttavano la prostituzione di giovani romene tra il Veneto e l’Umbria. Due delle ordinanze di custodia cautelare sono state notificate a due giovani albanesi residenti a Citerna e San Giustino Umbro, già in passato arrestati per analoghe vicende. La banda controllava una decina di donne che facevano prostituire sul Terraglio, la principale strada che unisce Treviso con Mestre. I carabinieri hanno accertato che gli albanesi fingevano di fidanzarsi con le giovani donne reclutate in Romania. Quando poi arrivavano in Italia, con la violenza le costringevano a prostituirsi. Erano altrettanto spietati con le bande rivali, ed in alcune occasioni erano anche ricorsi all’ uso delle armi sparando contro auto e case dei “concorrenti”.
Soltanto negli ultimi mesi sono tante le operazioni di questo tipo che hanno impegnato le forze di polizia dell’Umbria nel contrasto ad organizzazioni criminali che spesso gestiscono contemporaneamente il traffico della droga e la prostituzione. Nel luglio scorso, ad esempio, un’indagine dei carabinieri di Perugia aveva portato alla emissione di 31 ordinanze di custodia cautelare per spaccio di stupefacenti e sfruttamento della prostituzione, eseguite in otto diverse province di varie regioni italiane, mentre ad agosto la polizia aveva sequestrato quattro appartamenti a Città di Castello dove si esercitava la prostituzione. Ad ottobre uno speciale servizio di controllo sulle strade disposto dal questore di Perugia Nicolò D’Angelo aveva portato al fermo per l’identificazione di 39 giovani prostitute, quasi tutte romene, alcune delle quali sono state poi espulse perché non in regola con il permesso di soggiorno. Venerdì scorso infine la squadra mobile ha arrestato a Perugia tre cinesi e chiuso in città due centri dove avvenenti ragazze orientali praticavano “massaggi romantici” per 80 euro.
Sono solo alcuni recenti esempi a dimostrazione della rilevanza del fenomeno dello sfruttamento della prostituzione in Umbria e dell’impegno con cui viene affrontato da polizia e carabinieri. Ma la prostituzione non può essere solo un problema di polizia: per aiutare le persone che si prostituiscono, i nuovi schiavi, non bastano le manette e le varie ordinanze che multano i loro clienti.
Se non vedo … non c’è!
Droga e prostituzione, due problemi rilevanti anche in Umbria, che però vengono percepiti ed affrontati in modo diverso. Sul problema della droga, opinione pubblica e politica si sono mobilitati sul fronte della sicurezza e su quello della educazione e prevenzione. Venti morti nei primi undici mesi dell’anno (l’ultima vittima nei giorni scorsi è una tossicodipendente perugina quarantenne) costringono la società ad interrogarsi e ad agire. Sulla prostituzione si avverte invece una sorta di reticenza e forse anche di ipocrisia. O meglio, il problema esiste in quanto la visibilità in strada delle persone che si prostituiscono reca disturbo ai cittadini “benpensanti”. Il problema, da questo punto di vista, si può risolvere “occultandolo”. In fondo, a questo servono recenti norme ed ordinanze che multano i clienti di strada. Non quelli pubblici delle cosiddette escort, che un tempo venivano definite con parole più infamanti. Escort che affollano i talk show televisivi, rilasciano interviste ben pagate, fanno carriera in società, nello spettacolo e finiscono anche nelle liste elettorali. Modelli da imitare secondo certe mamme, stando almeno alle intercettazioni telefoniche di recenti indagini. Dibattiti in televisione, con pseudopinionisti, sul sacrosanto diritto di “utilizzare” il corpo con gli “utilizzatori finali” per farsi largo in una società che non lascia spazio ai giovani. Sono questi, prevalentemente, i temi di oggi dell’argomento prostituzione. Di loro, le schiave, le vittime della strada, si parla solo come fatti di cronaca nera quando vengono uccise o quando si ribellano in modo clamoroso. Storie da raccontare, da fiction, e che come tutte le fiction vengono presto cancellate da altre storie ed altre fiction. Il dramma quotidiano dell’illusione del facile guadagno, della necessità, dell’ inganno, delle violenze morali e fisiche sulla strada o in squallidi appartamenti, il più delle volte resta sommerso anche in Umbria.
Anche la mafia fa affari sfruttando la prostituzione
È difficile trovare numeri attendibili sul fenomeno prostituzione in Umbria. Un’indagine del 2008 del Gruppo Abele stimava che le donne ed i minori che esercitavano in quel periodo la prostituzione in Umbria fossero da un minimo di 1.345 ad un massimo di 1.850. Gran parte di loro (da 800 a 1.100) “battendo” in strada.
Il 21 novembre scorso il sostituto procuratore antimafia per l’Umbria, Antonella Duchini, nell’ audizione a palazzo Cesaroni presso la Commissione d’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose, aveva sottolineato che tra le attività della mafia nella nostra regione (edilizia, riciclaggio del denaro sporco, gioco d’azzardo e droga) c’è anche la prostituzione nei locali notturni spacciati per club privati. Lo stesso magistrato nel marzo scorso, in occasione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, aveva detto che “l’Umbria – considerata dalle stesse organizzazioni mafiose un territorio appetibile perché non a rischio al pari della bassa Toscana – è diventata meta finale della tratta degli esseri umani. Qui – aveva aggiunto – vengono concentrati elementi pericolosi veri e propri criminali per organizzare ad esempio la prostituzione sulle strade. Tratta di esseri umani significa ad esempio costringere giovani donne a prostituirsi. Guai pensare che scendere ogni sera sui marciapiedi sia una libera scelta”.
Nei mesi scorsi, in un’altra audizione della stessa Commissione regionale sulle infiltrazioni mafiose il generale dei carabinieri Claudio Curcio, comandante della legione Umbria, aveva parlato anche del problema della prostituzione, citando in particolare quella gestita da organizzazioni di nigeriani “esercitata – aveva detto – in modo molto duro, con forme di intimidazione violenta, fino alla riduzione delle donne in schiavitù”.
Numero verde antitratta
Il Comune di Perugia ha istituito un numero verde “antitratta” ed ha deciso di costituirsi parte civile nei processi in cui ci sono imputati di sfruttamento della prostituzione. Il sindaco Wladimiro Boccali definisce questi provvedimenti “prima di tutto un segno di civiltà, oltre che un dovere da parte di una Amministrazione che intende colpire non le persone sfruttate, ma gli sfruttatori”. Il Comune – si legge in un suo comunicato non recente – “con una serie di progetti ha messo in campo molteplici servizi cui le donne sfruttate, ridotte in schiavitù, costrette alla prostituzione, possono rivolgersi. Con il progetto Free Women si è voluto dare un sostegno concreto a queste persone, una possibilità di recupero e reinserimento nella nostra società. E contemporaneamente, restituire dignità a chi, suo malgrado, non ne aveva più. È stato anche istituito il numero verde antitratta 800 290 290, chiamando il quale è possibile segnalare situazioni a rischio o comunque meritevoli di approfondimento da parte delle forze dell’ ordine e dei servizi sociali”.