C’è una svolta antropologica profonda, rispetto alla cultura oggi prevalente, nell’enciclica Caritas in veritate, promulgata il 29/6/09 da Papa Benedetto XVI. Essa ha infatti per oggetto i presupposti e le implicazioni di uno sviluppo socio-economico considerato in tutti i suoi aspetti, riferito all’uomo in tutti i suoi profili: uno sviluppo “integrale, di tutto l’uomo e di tutti gli uomini”, come già auspicato da Paolo VI nell’altra celebre enciclica Populorum progressio (ciò è sottolineato ai paragrafi 11 e 18 della Caritas in veritate). Un uomo che, al di là dei limiti angusti posti dall’approccio oggi consueto, funzionalista ed utilitarista, sia aperto alla Trascendenza, alla ricerca della verità su se stesso e sul mondo, un uomo che avverte la forza attrattiva di una vita di fraternità, di condivisione, di comunione; un uomo che si ispira ai principi della carità, nella luce della verità di Cristo. Questo modello d’uomo è la persona, che l’enciclica pone al centro dell’attività economica, principio, soggetto e fine della medesima (n. 25), e si sviluppa ponendosi in relazione con se stesso, con gli altri uomini, con Dio.Vorrei iniziare questa riflessione, focalizzata su alcuni aspetti della nostra Umbria e sui comportamenti degli Attori che vi operano, proprio segnalando la vigorosa sottolineatura dell’enciclica sull’importanza dell’aspetto relazionale nella vita economica. La creatura umana si realizza nelle relazioni interpersonali, orientate appunto a valorizzare pienamente la persona (n. 53). Questo aspetto merita un’attenzione particolare se ci si impegna per un avanzamento della nostra regione: penso alle relazioni tra Attori collettivi realizzatesi nel corso dell’attività di concertazione collegata al Patto per lo sviluppo: iniziativa rilevante di cui va riconosciuto il merito al Governo della Regione, ma che abbisogna di un rilancio sostanziale, in cui le relazioni si distinguano per trasparenza, responsabilità e impegno reciproco per un contributo effettivo al progresso del territorio. Se poi consideriamo le relazioni tra operatori, è largamente diffusa e sostenuta da studi recenti l’opinione sull’opportunità per la nostra regione di un’espansione appropriata delle reti di relazioni tra imprese manifatturiere, e tra queste e le imprese dei servizi, e in particolare le banche: reti di relazione, secondo le modalità delle filiere, reti corte, limitate al territorio regionale o a sotto-aree dello stesso, e reti lunghe, che possono oltrepassare i confini dello stesso (e quindi i limiti delle dotazioni regionali di risorse). Ma il tessuto relazionale deve sostanziarsi di solidarietà e di fiducia reciproca. Altrimenti, sottolinea l’enciclica, il mercato non può pienamente e correttamente espletare la propria funzione economica (35): la crisi in corso lo ha mostrato con assoluta evidenza ! Altresì fondamentali sono le relazioni tra imprese e sindacati: anche in Umbria da più parti si fa osservare come un sistema di relazioni industriali che garantisca un’equa contrattazione e concorra ad un’efficiente organizzazione possa essere condizione fondamentale per un rilancio della competitività d’impresa. Ma sembra manchino ancora la schiettezza e la fiducia reciproche essenziali per una tale svolta! Per il governo di tali reti, l’enciclica auspica un’appropriata miscela delle tre forme regolative dello scambio sociale: il contratto, l’autorità, la reciprocità (37). Reciprocità implica che una prestazione sia compiuta senza una precisa definizione della futura controprestazione; implica fiducia tra le parti e una componente donativa, per lo più essenziale per imprimere sviluppi significativi e innovativi dell’attività economica (e di altri tipi di azione umana). Reciprocità e sussidiarietà nel socialeLa forza della componente donativa si rivela con particolare evidenza nel sociale. Si manifesta nei molteplici sviluppi della solidarietà che in Umbria mostra una presenza diffusa e significativa. L’enciclica sottolinea l’esigenza prioritaria di combattere la povertà che, come noto, anche in Umbria assume dimensioni significative, e verso di cui la Chiesa cattolica ha avviato di recente un’iniziativa rilevante. L’enciclica afferma che la solidarietà deve accompagnarsi alla sussidiarietà (58), a quel principio cioè teso principalmente a sviluppare l’autonoma capacità di iniziativa della parte più debole. Con riferimento all’Umbria, l’applicazione di questo principio, inteso come sussidiarietà orizzontale, si rivela particolarmente attuale ed importante, con attenzione alle componenti più deboli della popolazione, ivi inclusi gli immigrati, con dimensioni e problemi crescenti. Studi recentissimi su parti significative del territorio regionale sottolineano comunque il persistere di una marcata dipendenza delle imprese sociali e delle forme associative private dal settore pubblico, sullo sfondo di una denuncia di inadeguatezza delle risorse dedicate al sociale. L’enciclica sottolinea altresì l’importanza di sostenere la centralità e l’integrità della famiglia (44), fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna: va qui ricordata l’importanza di dare pronta attuazione alla proposta, già positivamente accolta dalle forze politiche, di Legge regionale per la famiglia presentata dal Forum delle associazioni familiari dell’Umbria. Pubblica Amministrazione e partecipazione dei cittadiniPiù in generale, sempre in linea con i suggerimenti proposti dall’enciclica (24), occorrono ancora in Umbria progressi significativi nell’alleggerimento della presenza e del ruolo esercitato dalla pubblica Amministrazione. Come argomenta lo stesso Dap 2009 a proposito del rilancio del Patto per lo sviluppo dell’Umbria, si impone, tra l’altro, di diffondere il significato del Patto – e la connessa visione del futuro dell’Umbria – nella realtà regionale; di ridefinire i limiti del partenariato, per non sconfinare in una sorta di “consociativismo neocorporativo”; di coinvolgere gli enti locali nelle valutazioni e nelle scelte del Patto. In linea con la piena valorizzazione della persona, tanto rimarcata nell’enciclica, s’impone altresì un potenziamento della partecipazione dei cittadini alle decisioni che li concernono. Su questo punto convengono molti politici, di maggioranza e di opposizione. Ma, al di là delle parole, si pone la questione dell’effettività di tale impegno – incompatibile con l’auto-referenzialità, e spesso con l’arroganza, mostrata da tanta parte del ceto politico attuale – fondato invece su trasparenza, fiducia, sincerità, continuità. Ecologia umana ed ecologia ambientaleUn altro punto su cui l’enciclica si sofferma a lungo è quello sul rispetto e sulla tutela dell’ambiente, al cui proposito le vicende recenti hanno portato alla ribalta nella regione gravissime trascuratezze e sottovalutazioni. Questo aspetto conferma l’esigenza di un approccio “integrale” allo sviluppo, che tenga conto di tutte le sue dimensioni, anche ambientali e quindi multigenerazionali (48). Ma va ricordata una puntualizzazione dell’enciclica: nell’atteggiamento verso l’ambiente si riflette “la complessiva tenuta morale della società”. Il rispetto per l’ecologia ambientale va di pari passo con quello per l’ecologia umana (51). La prospettiva del bene comuneVorrei infine ricordare l’accento posto dall’enciclica sulla necessità di perseguire il bene comune, cioè il “bene legato al vivere sociale delle persone” e fondato su un impegno di giustizia e di carità (7). Personalmente, ritengo che un approccio orientato alla ricerca del bene comune dei residenti potrebbe anche in Umbria favorire la soluzione dei principali problemi che la affliggono, dalla disoccupazione intellettuale e femminile, al potenziamento della competitività, alla realizzazione di un welfare comunitario e sussidiario. Un approccio siffatto richiede tra l’altro: una condivisione di obiettivi, valori, risorse; un’attenzione ad ogni persona, nella prospettiva di una sua piena valorizzazione; una razionalità “allargata”, in cui le considerazioni di efficienza e di giustizia tengano conto dei diritti fondamentali della persona (31). Si tratta chiaramente di un approccio molto esigente, con delle premesse talora assai lontane dal contesto attuale. Però mi sembra che spunti isolati, intenzioni anche appena accennate, siano qua e là ravvisabili, e che possa darsi loro evidenza, e valorizzazione. E che le diverse agenzie educative, dai vari ordini di scuole, alle Istituzioni religiose, ai sindacati, e i mezzi di comunicazione, e almeno una parte del ceto politico potrebbero avviare un’azione volta a favorire la ricerca e la comprensione del bene, e la volontà del bene, del bene proprio compatibile con quello altrui. L’interdipendenza crescente tipica delle nostre società può suggerire, anche con forza, la rilevanza che potrebbe assumere la diffusione di uno spirito di vera fraternità, auspicato con vigore dalla Caritas in veritate.
Lo spirito fraterno migliora il business
L’economia regionale alla luce dell’enciclica “Caritas in veritate”
AUTORE:
Pierluigi Grasselli