di Angelo M. Fanucci
Allora, come la mettiamo con questi santi che hanno ancora, o ancora sembrano avere qualche ramo non potato? Non posso esemplificare facendo riferimento al mio presbiterio, perché subito tutti capirebbero di chi sto parlando: càpite nos, il presbiterio del quale faccio parte, quello di Gubbio, splendido, numericamente supera di poco la cinquantina, comprese le (poche) bilinciane e i (troppi) catorci come me… Allora mi pericolo a fare qualche esempio di più grande momento.
Quando morì Giovanni Paolo II, immediatamente apparvero in piazza San Pietro delle iscrizioni cubitali, “Santo subito!” soprattutto. Non condividevo, mi tirai indietro come fa una lumaca quando le sfiori le corna con un dito.
Mi ricattavano con forza due foto che mi si erano conficcate nella memoria.
La prima era quella di Papa Wojtyla che, durante la sua visita in Cile, nell’aprile del 1987, si affacciò accanto a Pinochet al balcone del palazzo della Moneda; poi, nel cortile interno dello stesso palazzo, impartì la benedizione ai funzionari del governo; poi, nel febbraio del 1993, fece pubblicamente gli auguri a Pinochet per le sue nozze d’oro.
E i 3.216 cileni (la stima è di Amnesty International) torturati e uccisi da Pinochet tra il 1974 e il 1980? Forse che il grido dei martiri dopo qualche anno diventa una zampognata?
La seconda era quella della mano di Giovanni Paolo II che durante uno dei suoi 104 viaggi, quello del 1983 in Nicaragua, oscillava, vibrante di rimprovero, sulla testa candida di un religioso che era in ginocchio davanti a lui: era P. Cardenal, il gesuita che, da ministro dell’Istruzione del Governo sandinista, aveva realizzato una delle più grandiose campagne di alfabetizzazione dei poveri che il mondo abbia conosciuto. “Santità – m’ero detto fra me e me – , basta che in Vaticano e nei paraggi Lei si guardi introno appena un po’, e di teste che meritano non solo mani oscillanti in segno di rimprovero, ma martelli d’acciaio che picchino sodo ne troverà più di una”.
Ma poi quell’ultimo periodo della sua vita, quel corpo crocifisso, pietosamente trasportato su una piattaforma mobile, che metteva la Chiesa in mano a porporati. E quel gesto di stizza durante la sua ultima apparizione dalla finestra del palazzo apostolico, quando allontanò bruscamente il microfono perché la voce gli rimaneva in gola…
Poi il Vangelo di domenica scorsa: “I tralci che portano frutto, il Padre mio li pota perché diano ancora più frutto”. E giungano alla pienezza della santità.
Chino il mio capoccione presuntuoso: “Signore, che la prossima potatura non sia troppo dolorosa per me!”.