Il Festival del giornalismo dovrebbe tenersi anche il prossimo anno, ma l’annuncio degli organizzatori – il 17 ottobre – di volerlo sospendere per problemi economici aveva aperto un dibattito non sempre sereno sulla manifestazione. Un festival nato dalla scommessa di due giornalisti, Arianna Ciccone e Chris Potter, che in pochi anni e con pochi mezzi è diventato, con Umbria Jazz ed Eurochocolate, una delle più importanti vetrine di promozione di Perugia. Sulla sua importanza tutti si sono trovati daccordo: la città è diventata infatti una sorta di capitale mondiale del giornalismo. Nell’ultima edizione, nell’aprile scorso, relatori e speaker sono stati 500, con 200 volontari (tanti gli stranieri) che hanno collaborato all’organizzazione delle iniziative. Invece per Ciccone e Potter, compagni nella vita e di quest’avventura, non sono mancate le critiche. Sono stati accusati di troppo protagonismo e di una certa arroganza nel non volere capire che, in tempi di crisi, i soldi pubblici è meglio destinarli per indispensabili servizi ai cittadini. Opinioni diverse in un’animata discussione che comunque ha avuto il merito di fare chiarezza sull’ammontare e sulle modalità di erogazione dei contributi pubblici al Festival. L’ ultimo è costato circa 400 mila euro: il 75% della somma proveniva da sponsor privati e solo il 25% (100 mila euro) dalle istituzioni locali. Soldi dei cittadini spesi male? Probabilmente no, se raffrontati con i costi delle trasferte delle affollate delegazioni di funzionari pubblici, amministratori locali e politici in giro per il mondo a “promuovere” l’Umbria. Mentre nei giorni del Festival sono direttori, opinionisti, inviati, studiosi e tanti giovani di tutto il mondo che vengono a scoprire le città d’arte, i paesaggi e le tradizioni della nostra regione. Agli organizzatori della manifestazione va poi riconosciuto il merito di avere provocato un dibattito su questioni importanti (“Con la cultura non si mangia” diceva, sbagliando, un nostro ministro) e di avere aperto i cassetti dove spesso restano chiuse le carte con le cifre di sponsorizzazioni e contributi pubblici concordati e decisi nelle stanze e nei corridoi della politica.
Altri eventi
Intanto, un altro colpo alla vita culturale del territorio arriva da Magione. “La chiusura di Umbria Gospel Festival, già Soul Christmas, è una brutta notizia” afferma il locale assessore alla Cultura, Giacomo Chiodini. Ma allora adesso “Regione, enti locali e sponsor privati prendano un impegno ufficiale a salvare, rafforzandolo, Trasimeno Blues, che che rappresenta un fondamentale veicolo di promozione per i nostri borghi. Il lago, un territorio con circa un milione di presenze turistiche annuali, non può rinunciare ai grandi eventi”.
L’origine della polemica e le reazioni
Ad aprire il dibattito sul futuro del Festival del giornalismo è stato l’annuncio del 17 ottobre: “Mentre il Festival cresce, richiamando una attenzione internazionale su Perugia, i sostegni vengono progressivamente tagliati” dichiara Arianna Ciccone. I soldi pubblici – sottolinea, polemica – vengono dirottati verso altre manifestazioni. Meglio sospenderlo, almeno per un anno, poi si vedrà”. Pochi giorni dopo, il 21 ottobre, Ciccone e Potter chiariscono la loro posizione in un incontro pubblico: “Il festival vogliamo farlo, ma senza soldi pubblici. Viste le reazioni di cittadini di tutta Italia e di giornalisti di tutto il mondo, abbiamo deciso di fare una raccolta pubblica di fondi”. Per non perdere più tempo ad aspettare le risposte delle istituzioni, stanchi del loro “tira e molla”. Per la sede ci sono richieste da altre città, anche non italiane, ma Perugia – dicono – “resta la nostra priorità”. Per un festival all’altezza delle edizioni precedenti servono però almeno 600 mila euro.
Dichiarazioni che sono oggetto di commenti e polemiche. Per Bruno Bracalente, presidente della Fondazione Perugia Capitale della cultura, “il Festival deve fare ogni sforzo, insieme alle istituzioni, per continuare a svolgere la sua insostituibile funzione nel panorama culturale italiano”.
Ma non tutti sono d’accordo. “Se Perugia non sarà scelta come Capitale della cultura europea, questo dipenderà dall’immagine degradata dal punto di vista sociale, e non certo dalla cessazione del Festival del giornalismo” replica il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Andrea Lignani Marchesani. Per Massimo Monni (Pdl) la richiesta di Ciccone “suona come una sorta di ricatto in un momento di crisi economica”. Anche da sinistra l’assessore regionale Stefano Vinti (Rifondazione comunista) parla di “posizioni abbastanza arroganti” e si chiede se sia opportuno spendere per il Festival “risorse pubbliche così ingenti”.
La replica di Regione e Comune di Perugia, direttamente chiamati in causa dagli organizzatori del Festival, arriva due giorni dopo in una conferenza stampa dei rispettivi assessori alla Cultura, Fabrizio Bracco e Andrea Cernicchi. Bracco dice che “il sostegno della Regione c’è e c’è sempre stato. Prima ancora delle polemiche di questi giorni, la delibera per un contributo di 120.000 euro, 20.000 più dell’anno scorso, era pronta”. Cernicchi sottolinea l’impegno del Comune per sostenere la cultura “365 giorni all’anno” aiutando però non solo le grandi manifestazioni, come il Festival del giornalismo, ma anche le piccole. Regione, Comune e altri enti pubblici – spiega Cernicchi – possono mettere insieme 200 mila euro. “Se poi questi soldi non bastano, più di questo la nostra terra non può fare”.
Alla fine, le promesse di Regione e Comune e le richieste di non fare morire la manifestazione giunte da tutto il mondo sembrano aver convinto gli organizzatori, che hanno annunciato un nuovo incontro pubblico per sabato 2 novembre (ore 11 all’hotel Brufani) per aprire una raccolta di fondi per finanziare la manifestazione. “È la nostra nuova sfida – sono le loro parole – per riuscire a realizzare il Festival del 2014”.