Sabato 5 ottobre alle 18 nel complesso di San Girolamo a Spello, l’Azione cattolica ha ricordato la fede e il servizio alla carità e alla speranza di un grande uomo di Dio e uno dei suoi dirigenti più cari, Carlo Carretto, a venticinque anni dalla morte.
Alla commemorazione hanno partecipato mons. Gualtiero Sigismondi, vescovo di Foligno, Sandro Vitali, sindaco di Spello, Franco Miano, presidente nazionale dell’Ac. Le conclusioni sono state affidate a fratel Giancarlo Sibilia, priore della comunità Jesus Caritas. Fratel Carlo morì nel suo eremo di San Girolamo a Spello, dove oggi riposano le sue spoglie mortali, nella notte di martedì 4 ottobre 1988, festa di San Francesco d’Assisi, il poverello a cui Carretto dedicò Io, Francesco, uno dei suoi numerosi e avvincenti scritti. In questo anno della fede ha un grande significato ricordarlo e ricordare quanto diceva pochi giorni prima di morire: “Quando verrete sulla mia tomba, chiedete il dono della fede!”.
“Innamorato dell’amore di Dio, la vita di Carretto si è spesa nel voler far conoscere a tutti questo amore”, ricorda Gigi Borgiani, segretario nazionale dell’Ac sottolineando che, dopo il restauro e il recupero del complesso di San Girolamo, voluto dall’Azione cattolica con il sostegno della diocesi di Foligno e dell’Amministrazione comunale di Spello, “oggi sono davvero tante le persone che giungono a San Girolamo in pellegrinaggio sulla tomba di fratel Carlo. Persone diverse, ma unite da un profondo senso di riconoscenza verso colui che ha segnato lo stile di vita di molti, testimoniando il vivere la vita buona del Vangelo. Donne e uomini, molti i giovani, che alla luce della Parola e accompagnati dagli scritti di Carlo Carretto, a San Girolamo trovano un tesoro non celato di fede e impegno per il bene. Noi, Ac di oggi, siamo qui non per un vago tentativo di imitazione di ciò che è stato o di ciò che ha fatto Carretto, ma perché anche noi siamo consapevoli di una chiamata. Una chiamata esigente ad una relazione piena con Dio: intrecciare fede e vita, incrociare gente sui sentieri del mondo. A partire dalla consapevolezza che Dio ha fatto cose buone e noi siamo parte di queste cose; dal desiderio di andare al di là delle cose, che non significa tanto fare a meno del materiale, quanto piuttosto vivere con il di più della fede; saper stare nella città con quella interiorità che ci rende visibili testimoni dell’invisibile. Con la certezza che ‘ciò che conta è amare’”.