La festa del Perdono di Assisi entra nel vivo il 2 agosto alla Porziuncola.L’indulgenza straordinaria che san Francesco chiese ed ottenne per tutti coloro che “qui giungeranno pentiti e confessati” attrae folle di penitenti che vengono ad inginocchiarsi ai confessionali e lì, nel gesto sacramentale della Chiesa che in nome di Cristo “rimette i peccati”, sperimentano che il perdono di Dio può cambiare la vita delle persone e delle comunità sociali e civili. La presenza di padre Giovanni Battistelli, Frate minore Custode di Terra Santa rende ancor più vivo l’interrogativo: può il perdono di Dio all’uomo cambiare anche il corso della storia degli uomini? Può guarire odi che sembrano invincibili, per i quali neppure la migliore volontà sostenuta da terapie psicologiche sembra potere nulla? E’ il tema che abbiamo scelto di affrontare con padre Augusto Drago, Minore conventuale, biblista, che ha proposto settimane di spiritualità sulla “guarigione interiore”, e (su suggerimento di p. Massimo Reschiglian) con suor Chiara Noemi, clarissa in un monastero a Lugano noto per la sua attività con i giovani. Pensando alla Terra Santa, dove sono chiamate in causa le tre religioni “del libro” che tutte parlano di ‘perdono’, abbiamo chiesto al nostro direttore don Elio Bromuri, esperto di ecumenismo e dialogo interreligioso di spiegare lo “specifico” del perdono annunciato da Cristo. M.R.V.Può il perdono cambiare la vita di una persona? Sì.Padre Augusto Drago sta un momento in silenzio, nel suo sguardo sembrano passare volti e nomi, poi parla di un fatto che ricorda “non come un successo personale ma come un trionfo della grazia di Dio” di cui è stato umile ministro. Una donna lo cercò per confessarsi. Si stava separando dal marito, lei aveva anche convissuto con un altro. Una storia che ha ascoltato in silenzio finché le ha proposto di ascoltare la parola di Gesù che ricorda l’indissolubilità del matrimonio e invita al perdono. Hanno pregato insieme il Padre nostro, ripetendo “rimetti a noi i nostri debiti come noi…”. Poi lei è andata. Alcuni giorni dopo è tornata con suo marito per chiedere cosa potevano fare per rinvigorire la loro unione. Fu sorpreso p.Augusto, e fu lei a spiegare il “miracolo” di quella confessione che l’aveva indotta, tornata a casa, ad inginocchiarsi davanti a lui, ad abbracciarlo e a chiedergli perdono di vero cuore. “Ora questa famiglia è di nuovo felice perché grazie al Signore hanno riscoperto finalmente la gioia di vivere insieme”. Una piccola grande storia nata da un gesto che per molti credenti è un gesto ordinario e forse abituale: la confessione, la richiesta di perdono. Eppure non tutte le visite al confessionale sono così sconvolgenti: perché? Padre Augusto parla della sua esperienza “Oso dire che la confessione da sola non basta. Sì, il Signore in quel momento, nel sacramento, assolve la persona, ma Gesù nel Vangelo ci ricorda che il perdono deve essere “cordiale”: “perdonate i vostri nemici di vero cuore”.Però ci sono ambiti interiori profondamente feriti, ai quali difficilmente diamo accesso alla parola di Dio che libera, salva e guarisce. La confessione, perché abbia dei frutti forti e autentici, deve essere integrata con l’esperienza forte di preghiera, con un’esperienza forte di incontro con Dio”. Certo la confessione è un sacramento, un aiuto dato per il cammino quotidiano di chi vuol seguire il Vangelo, ma “la parola di Dio – aggiunge p.Augusto – esige la nostra collaborazione, esige il dinamismo di un cuore che avendo scoperto che cos’è l’amore produce frutti di amore o meglio quella terna di frutti dello Spirito che Paolo chiama amore, gioia e pace e in queste tre parole si può racchiudere tutto il significato del perdono dato a noi da Dio, ricevuto da noi in Dio e donato agli altri perché abbiamo scoperto l’amore di Dio”. Padre Drago insiste molto su questo “incontro d’amore” che si realizza nel perdono, “il più grande miracolo che può venire da parte di Dio nel cuore di una persona, nel cuore di una comunità o nel cuore di una famiglia”. Per questo aggiunge il frate, è festa, perché è la riscoperta dell’amore di Dio”. Di solito quando fa i colloqui padre Drago invita a raccontare la vita “perché ci sono delle persone che vorrebbero perdonare, esprimono la volontà sincera di perdonare perché hanno capito che nel perdono c’è una liberazione e una guarigione interiore.Ma questa volontà da sola non basta. Resta dentro il peso, la ferita, che solo il Signore può guarire”. Ma quali sono le difficoltà che hanno i penitenti nell’accostarsi al sacramento della riconciliazione? “L’orgoglio, il senso della inutilità (il ‘tanto poi rifaccio sempre le stesse cose’), ma anche la paura di sentirsi rimproverati. Qui entra in campo l’idea che ognuno ha della paternità di Dio, quella della celeberrima parabola del figliol prodigo, che resta incompresa da chi ha rimosso l’idea di Dio Padre avendo avuto una cattiva esperienza all’interno delle relazioni familiari con il proprio padre. Eppure – aggiunge padre Augusto invitando a rileggere il discorso della montagna – proprio nella riscoperta della paternità di Dio si tocca con mano la sua misericordia” Ad ostacolare un corretto modo di vivere l’incontro con il perdono di Dio c’è l’equivoco di chi pensa di confessarsi davanti al prete, all’uomo, senza considerare bene che “in quel momento il prete opera nella persona di Cristo e della Chiesa”. “Durante il colloquio è importante non solo come ascolti ma anche come guardi perché attraverso lo sguardo la persona che parla capta se le parole che sta dicendo toccano il tuo cuore, la tua vita, oppure no. Attraverso lo sguardo la persona comprende se c’è amore per lei oppure c’è routine”.Ma si impara a guardare, chiedo a padre Augusto. “Non so se si impara. So che devo guardare con gli occhi di Gesù”. Ed il colloquio si chiude sul “gioco d’amore” che padre Drago chiama “sguardo” tristemente interrotto dal peccato. E richiama la Genesi (capitolo 3) là dove dopo il peccato l’uomo si nasconde allo sguardo di Dio. “L’uomo perde la capacità di guardare non solo Dio ma anche l’altro. Ecco il senso della nudità prima del peccato e poi la necessità di coprirsi. Perché ha perso lo sguardo limpido puro innocente e anche bello. L’uomo viene guarito da questa incapacità di guardare da Gesù . Nel vangelo di Giovanni la guarigione del cieco nato è episodio simbolo anche per l’argomento che stiamo trattando noi Ecco perché il perdono è anche guarigione interiore. uno guarigione che ha soprattutto tre ambiti: Dio se stessi e gli altri”.
L’incontro che cambia la vita di persone e comunità
Padre Battistelli, Custode di terra Santa, alla Festa del Perdono di Assisi
AUTORE:
Maria Rita Valli