Al dialogo non c’è alternativa. Le Chiese oggi sono chiamate a parlare con un’unica voce e ad agire insieme perché i problemi sono tanti e urgenti. Ecco perché Papa Francesco e il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, si sono dati appuntamento a maggio a Gerusalemme. “Fratello Papa Francesco”, lo chiama il Patriarca alla vigilia dell’incontro di Gerusalemme, a 50 anni dello storico abbraccio tra Paolo VI e il Patriarca Athenagoras che segnò l’inizio di un’èra nuova nei rapporti tra cattolici e ortodossi.
Che cosa ricorda personalmente di quel momento e delle figure di Paolo VI e Athenagoras?
“Quando, all’inizio degli anni ’60, furono intraprese le iniziative pioneristiche di dialogo tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa, ero ancora un giovane studente a Roma, mandato là dall’allora Patriarca Athenagoras per proseguire gli studi in Diritto canonico. Quando l’incontro tra il Patriarca Athenagoras e Papa Paolo VI fu ben preparato, posso testimoniare gli scambi di visite tra le rispettive delegazioni al Vaticano e al Fanar [sede del Patriarcato di Costantinopoli, ndr]. Entrambi i leader sono stati straordinari ‘visionari’, riconoscendo che la Chiesa di Cristo non poteva essere divisa, se genuinamente aderiva alle parole di nostro Signore: ‘Che siano una cosa sola’”.
Cosa vi ha spinto a ritrovarvi in maggio a Gerusalemme?
“Quest’anno ricorre il 50° anniversario dello storico incontro del Patriarca ecumenico Athenagoras e Papa Paolo VI a Gerusalemme. Siamo molto lieti che Sua Santità Papa Francesco abbia accettato la nostra proposta di incontrarci in Terra Santa per commemorare questo evento da cui sono derivati relazioni e colloqui sempre più stretti. Il ‘dialogo dell’amore’ che essi hanno iniziato ha condotto al ‘dialogo della verità’ tra le nostre due ‘Chiese sorelle’. È un imperativo essenziale incontrare Papa Francesco per mostrare il nostro comune impegno e parlare con un’unica voce, come Chiese cristiane dell’Est e dell’Ovest, sui problemi che affliggono le vite dei nostri fedeli e di tutte le persone nel mondo intero”.
Chi è per Lei Papa Francesco?
“È stata innanzitutto per me una gioia partecipare alla messa di insediamento di Papa Francesco un anno fa. Appena avuta la notizia della sua elezione, spontaneamente ho deciso di partecipare di persona. Non era mai avvenuto prima in tutta la storia delle nostre due Chiese. Siamo convinti che i leader delle Chiese debbano intraprendere passi decisi per riconciliare la cristianità divisa e rispondere ai bisogni urgenti del nostro tempo. Papa Francesco è un leader sincero e altruista, che ha a cuore la divisione della Chiesa, come anche la sofferenza del nostro mondo”.
La strada del dialogo in questi 50 anni ha visto tanti ostacoli…
“Non ci sono dubbi che il cammino delle due Chiese negli ultimi 50 anni non sia stato facile. Ciononostante, lo spirito di amore fraterno e rispettoso ha fortunatamente preso il posto della vecchia polemica, alimentata da sospetti e giudizi. A livello teologico, ci sono alcuni documenti comuni importanti, frutto della Commissione internazionale del dialogo teologico delle due Chiese. C’è ancora molto da fare e il percorso sembra lungo. Questa strada, comunque, deve essere intrapresa nonostante le difficoltà. Non c’è alternativa”.
A marzo si è tenuta la Sinassi (assemblea) di tutti i Primati della Chiese ortodosse in preparazione del Sinodo pan-ortodosso indetto per il 2016.
“Lo scopo era affrontare questioni di interesse comune dei nostri vescovi e fedeli in varie parti del mondo, in modo particolare nelle regioni dove i cristiani soffrono a causa di persecuzioni. Altro scopo era preparare il prossimo santo e grande Concilio della Chiesa ortodossa, che spero di poter annunciare molto presto: è la prima volta che un simile Concilio ecclesiastico viene convocato da oltre un millennio. Sarà un simbolo potente di unità tra le Chiese ortodosse”.
Quale secondo Lei è la missione della Chiesa oggi?
“La sofferenza delle persone in ogni angolo del pianeta oggi; l’abuso della religione per scopi politici o di altro tipo; le difficoltà che i cristiani di tutto il mondo affrontano, in particolare nelle aree dove la Chiesa cristiana – a prescindere dalle identità confessionali – è nata e cresciuta; le ingiustizie inflitte ai membri più deboli delle società contemporanee e l’allarmante crisi ecologica che minaccia l’integrità e la sopravvivenza stessa della creazione di Dio… tutto ciò chiede un’azione comune e la soluzione dei problemi che ancora ci dividono. Questo spiega perché, oggi, forse ancora più di 50 anni fa, c’è un urgente bisogno di riconciliazione. Questo rende il prossimo incontro con il mio fratello Papa Francesco a Gerusalemme un evento di grande significato e aspettativa”.