“Non si arresta nemmeno nella nostra comunità diocesana il flusso degli arrivi di profughi dall’Ucraina devastata dalla guerra, in gran parte mamme e bambini”. È quanto evidenzia il direttore della Caritas diocesana di Perugia-Città della Pieve don Marco Briziarelli nel tracciare un primo “bilancio” dell’attività di “accoglienza dignitosa della nostra Chiesa locale – precisa il sacerdote – in aiuto di quanti fuggono da morte, violenze e sofferenze. Abbiamo notizia di più gruppi di famiglie che stanno arrivando, ma al momento il numero preciso è impossibile calcolarlo. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone che giungono dai confini dell’Ucraina sempre con pulmini o autobus, un fenomeno in gran parte ancora legato ai cosiddetti ‘ricongiungimenti’ con parenti, amici e conoscenti”.
La rete della solidarietà
In quest’ultima settimana, prosegue il direttore della Caritas diocesana, “sono iniziate ad arrivare anche a Perugia le prime persone che non hanno nessun tipo di legame con i connazionali già residenti. Per queste persone ci stiamo adoperando grazie a una rete di solidarietà tessuta in poco tempo da una dozzina tra opere segno, realtà socio-caritative afferenti a Caritas e parrocchie che hanno messo a disposizione le canoniche. Queste strutture – precisa don Briziarelli – a breve saranno sature e per questo, di concerto con le istituzioni, ognuno, attraverso i propri canali, continuerà a cercare nuove soluzioni”.
L’accoglienza delle famiglie
“L’appello fatto ai nostri cittadini di aprirsi all’accoglienza diffusa, attraverso la messa a disposizione di spazi abitativi inutilizzati o di porzioni di appartamenti – commenta il sacerdote –, è stato subito accolto attraverso sia i canali Caritas sia quelli dei servizi comunali. Basti pensare che a tutt’oggi sono ben 70 le famiglie perugine che hanno dato la propria disponibilità a Caritas per queste tipologie di accoglienza. Attualmente sono ospitati 24 ucraini di cui 21 condividono il tetto con famiglie perugine e 3 in appartamento. Molte di queste 70 disponibilità sono all’accoglienza di massimo due persone e in questo momento non utilizzabili, dal momento che i nuclei in arrivo sono composti minimo da tre-quattro persone. Il flusso migratorio è comunque in continua evoluzione e potrebbe variare anche nella sua composizione e quindi anche queste disponibilità restano importantissime. L’auspicio è che il conflitto termini immediatamente e che queste disponibilità all’accoglienza restino inevase”.
L’accoglienza nelle strutture della diocesi
Altro dato significativo, prosegue il direttore della Caritas, “è quello delle canoniche che hanno già messo a disposizione 14 posti, tutti assegnati, come anche le opere segno e le strutture socio-caritative per un totale di 44 posti di cui 37 occupati. Non da ultimo c’è il Centro di accoglienza straordinaria (Cas), gestito dalla società cooperativa “Unitatis Redintegratio”, che ha riservato ai profughi ucraini 40 posti di cui 24 già utilizzati. Significativo anche il numero delle tessere attivate ai fratelli e sorelle ucraini per accedere ai servizi dei 4 Empori della Solidarietà della Caritas, che attualmente ammontano a 50, permettendo a quasi 170 persone tra adulti e minori di accedere alla spesa gratuita in maniera molto semplice e snella, presentando il documento d’identità e la compilazione di una scheda; un servizio volto ad accompagnare i profughi in un percorso di autonomia, integrazione e dignità”.
Il desiderio di restare uniti
Non mancano i problemi per quest’accoglienza, perché, osserva sempre don Briziarelli, “è molto articolata in quanto i profughi, come è facile immaginare, vogliono restare uniti tra loro, evitando di dividersi anche per questioni legate alla lingua, all’organizzazione pratica quotidiana, soprattutto nei primi giorni dopo l’arrivo, e ad un profondo senso di appartenenza. Gran parte della nostra opera è riservata al loro ascolto e all’orientamento negli adempimenti burocratici in stretta collaborazione con i connazionali referenti. Inoltre siamo in continuo contatto con la comunità ucraina di rito greco-cattolico e con altre, per cercare anche di fare incontrare le professionalità che sono arrivate dall’Ucraina: medici, psicologi, insegnanti…”.
Aspetti incoraggianti
“Soprattutto credo che nei prossimi giorni ci sia la necessità di un supporto psicologico molto più serio – sostiene il sacerdote –. È importante che gli stessi profughi con questo tipo di professionalità abbiano già dato la loro disponibilità a collaborare. Questo testimonia che sono molto uniti tra loro, mettendosi a disposizione l’uno dell’altro”. Altro aspetto da evidenziare, che emerge dai colloqui con gli ucraini, racconta il direttore della Caritas, “è il profondo desiderio di ritornare in Ucraina al più presto. Nel periodo della loro permanenza stiamo cercando di accompagnarli in una presa di coscienza che questo tempo sarà, probabilmente, più lungo di quello immaginato e questo lo facciamo anche di concerto con le Istituzioni civili preposte in materia. Significativo, al fine di vivere con loro un percorso di integrazione, il fatto che venga rilasciato un permesso di soggiorno che permetta loro anche di poter svolgere un’attività lavorativa. Al riguardo sono arrivate in Caritas le prime disponibilità di alcune aziende ad assumere i profughi in base alla loro esperienze professionali e competenze”.
Nel segno della continuità
Altro aspetto molto bello di questa fase iniziale, racconta sempre don Briziarelli, “è il cammino di integrazione per i ragazzi che facevano attività sportiva in forma agonistica in Ucraina; attività che potranno svolgere qui da noi. Alcune associazioni sportive del territorio hanno già dato la loro disponibilità a coinvolgere ragazzi, ragazze e bambini nelle attività sportive. Questo è il metodo Caritas, quello di un accompagnamento che non guarda solo al dare risposta a un bisogno immediato, ma ad avere uno sguardo profetico e di integrazione nel segno di una continuità più vicina possibile alla vita in Ucraina. Ci incoraggia vedere come nelle comunità, dove queste famiglie sono state accolte, si siano create velocemente relazioni di grande collaborazione e scambio tra gli accolti e coloro che li ospitano in tutte le attività della vita quotidiana. Come sempre i bambini sono i primi ad insegnarci a superare qualsiasi barriera”.