‘San Paolo migrante, apostolo delle genti. Non più stranieri né ospiti ma della famiglia di Dio’ è il tema della Giornata delle migrazioni (o meglio Giornata mondiale del migrante e del rifugiato) che si celebra domenica 18 gennaio. Le parole della seconda parte del titolo, tratta da una lettera di san Paolo, rischiano di sembrare irreali a fronte di un diffuso atteggiamento di chiusura. Stranieri e anche ospiti sgraditi vengono spesso considerati gli immigrati. Per contrastare i pregiudizi e ristabilire gli esatti termini della questione conviene prendere in mano il Dossier Caritas/Migrantes e riflettere. Gli immigrati sono troppi solo per chi non li può sopportare per avversione preconcetta. Tra il 2005 e il 2020, secondo le previsioni dell’Istat, nella nostra popolazione i giovani tra i 18 e i 44 anni diminuiranno di 4,5 milioni: facendo la media, una perdita di 300 mila l’anno, e sussiste il bisogno di rimpiazzarli per soddisfare le esigenze del sistema produttivo. La popolazione anziana è un quinto del totale, le cure mediche sono sempre più impegnative, le pensioni sono costose: come mantenerli senza l’apporto degli immigrati, che assicurano 5 miliardi di euro l’anno come contributi previdenziali? Non senza ragione, per questo e per altri motivi, sono stati definiti una risorsa. Gli immigrati costano troppo solo per chi non vuole riflettere sui dati reali. L’ultimo Dossier è entrato nel merito della questione e ha ipotizzato che al massimo, in termini di servizi sociali, sfiorano senza neppure raggiungere il livello di un miliardo di euro, mentre il loro gettito fiscale è dell’ordine di 4 miliardi di euro l’anno. Le tasse servono per pagare i servizi e loro pagano quattro volte di più di quello che costano. Gli immigrati sono un aggravio per i nostri uffici: quando si dice questo, non si tiene conto della macchinosità giuridico-amministrativa per le loro pratiche. È faticoso (e anche costoso) ottenere la pratica di soggiorno, come lo è ottenere la residenza, o il ricongiungimento familiare, o il riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero, o la cittadinanza. Il Dossier ha stimato che tra gli immigrati residenti e quelli soggiornanti vi sia una differenza di circa mezzo milione di persone proprio a causa di questi ritardi burocratici. Proporre un’ulteriore tassa di 50 euro sarebbe un premio all’inefficienza, mentre bisogna arrivare a semplificare leggi e disposizioni applicative. Sono di pregiudizio al livello occupazionale, specialmente in questo periodo di crisi: chi dice così non si rende conto che in molti settori (assistenza familiare, edilizia, agricoltura, pulizie) il venir meno degli immigrati sarebbe una vera tragedia, anche nella fase attuale, che senz’altro sta peggiorando il quadro ma non è destinata a durare in eterno. Inoltre, è da tempo che gli immigrati creano essi stessi lavoro e, al ritmo di 20.000 nuove aziende l’anno nell’ultimo quinquennio, sono arrivati ad avere 165.000 imprenditori, il che equivale a una movimentazione occupazionale di circa mezzo milione di persone. Così come hanno preso da noi, ora stanno restituendo. Non vogliono integrarsi e ci stanno invadendo dal punto di vista religioso. Tenuto conto che metà degli immigrati sono cristiani (anche se non tutti cattolici), ne conseguirebbe che noi paradossalmente ci sentiamo invasi da fratelli nella fede. La paura di fronte a un terzo di musulmani tra i 4 milioni di immigrati non si vince con l’avversione e la mancanza di rispetto, bensì con un maggior radicamento nel Vangelo di Cristo. Quanto alla indisponibilità degli immigrati a integrarsi, tutte le ricerche dicono il contrario: sono come noi, vogliono vivere con noi, si vogliono far apprezzare da noi. Lo slogan della Giornata delle migrazioni ci ricorda che possiamo considerarli fratelli, aiutandoli a inserirsi nella nostra società, apprezzandoli per il bene che fanno e prevenendo eventuali comportamenti devianti: proprio come gli italiani, membri della famiglia di Dio.
L’immigrato che sia benvenuto
Si celebra il 18 gennaio la Giornata del migrante
AUTORE:
Franco Pittau