Il cristianesimo prima che una tradizione culturale ed un insieme di verità e dogmi, è una persona, è Gesù Cristo. Proprio perché il cristianesimo è una persona, esso serve a costruire la vita degli uomini e delle donne, di tutti gli uomini e di tutte le donne, non per ricostruire o ricapitolare la storia di singoli stati o di un continente. Uomini e donne della religione e della politica, della letteratura e della scienza, delle professioni civili e delle attività familiari hanno trovato nella persona di Gesù ispirazioni e motivazioni di vita e di morte, di presente e di futuro, di felicità e di sofferenza. Il settimanale Panorama, la settimana scorsa, nel pubblicare parte dell’introduzione del volume di Marcello Pera La Martinella titolava: quanto vale Cristo per l’Europa. La mia risposta è: Cristo vale molto di più di quello che i settimanali italiani e i politici europei sono disposti a concedergli. La risposta dell’evangelista Giovanni, poi, è che ‘noi tutti abbiamo ricevuto della pienezza di Cristo’. Quel ‘noi tutti’ abbraccia l’umanità intera e non solo l’Europa, perché Cristo, per i cristiani, è universale, è il cuore della storia universale, è il rivelatore dell’uomo, ed ogni uomo di sentimenti sinceri e di ricerca onesta può ricevere dal suo messaggio ragioni di impegno civile e orientamenti di formazione personale. Affermare che Cristo è una persona non significa ovviamente rinnegare il contributo fondamentale del cristianesimo alla civiltà europea. Non è difficile riconoscere che i genitori dell’Europa sono due: la tradizione greco-romana e la tradizione giudaico-cristiana. L’una ha prodotto quelle istituzioni politiche, quali le assemblee, i governi, i parlamenti, i tribunali, gli organismi di decisione e di rappresentanza che sono alla base della convivenza civile europea ed occidentale. L’altra ha portato quel brevetto culturale particolare del concetto di persona e della sua dignità, che è la base di tutto un patrimonio di diritti umani riconosciuti e condivisi. Il preambolo della bozza di costituzione europea, di fatto, comincia con una citazione esplicita di Tucidide, quindi della tradizione greca, e con una serie di richiami impliciti di valori cristiani, quali l’uguaglianza degli esseri umani, la libertà, il ruolo centrale della persona, i diritti inviolabili. Mentre, quindi, il riferimento alla tradizione greca è in qualche modo esplicito, quello alla tradizione giudaico-cristiana compreso nelle indistinte ‘eredità culturali, religiose e umanistiche’. Penso, allora, sia legittima la domanda perché, dal punto di vista storico-culturale, si menzioni solo il genitore greco e non anche quello ebreo e cristiano, e perché la storia d’Europa si debba vergognare di qualche suo padre. È un fatto incontrovertibile che la cultura cristiana sia la culla della modernità occidentale. Sia dal punto di vista storico che geografico, sia dal punto di vista spirituale che intellettuale, la nascita e lo sviluppo del mondo moderno occidentale affonda le sue radici nella cristianità. È stato sant’Agostino che ha trasformato il tempo ciclico dei greci, concepito come un continuo ritorno all’identico, in un percorso dell’anima; che ha dato ad esso la valenza e lo spessore della storia, perché lo ha legato alla realizzazione di una promessa di salvezza futura. È stato sempre lo stesso sant’Agostino ad assegnare un ruolo determinante all’antropologia nei processi della conoscenza delle verità della fede, e ad inaugurare la svolta antropologica, molto tempo prima che essa venisse tematizzata dalla filosofia e teologia contemporanee, allorquando ha proposto come itinerario per arrivare alla concezione di Dio Uno e Trino l’interiorità umana, in sostituzione dell’esteriorità del mondo della natura. Nonostante alcuni tenaci tentativi di togliere alla misura del tempo ogni riferimento cristiano, noi viviamo un tempo storico strutturato dall’avvento di Cristo. Il calendario cristiano, che misura il tempo dalla nascita di Cristo, si è imposto su tutti gli altri calendari e la storia universale, di fatto, è misurata da una valenza cristiana anonima ma reale ed efficace. Si pensi, d’altra parte, a come la Bibbia abbia segnato profondamente la storia e la cultura dell’Occidente, al punto da essere stata definita il grande codice della cultura occidentale. Architettura, pittura, scultura, musica, teatro e cinema hanno attinto alle Scritture tematiche, interrogativi, proposte, e artisti del calibro di Giotto e Cimabue hanno inventato l’alfabeto della lingua artistica occidentale. Si pensi, ancora, al contributo fondamentale che ha dato il monachesimo allo sviluppo dell’agricoltura, oltre che dell’arte e della liturgia. L’apporto principale delle Chiese cristiane all’Europa non è tanto nel riconoscere un passato quanto nel costruire un futuro. Ora, la Chiesa e l’Europa hanno fatto un percorso di secoli insieme. Guardare a tale passato è utile, ma non basta. È necessario anche tracciare dei percorsi lungo i quali incamminarsi per non mancare all’appuntamento della storia, che chiama l’Europa a una nuova fase della sua vicenda culturale e politica. La Chiesa ha dato molto all’Europa e alla sua cultura, e da essa ha molto ricevuto. Ma quale potrebbe essere la sua azione futura? A mio parere, essa potrebbe essere quella stessa che Giovanni Paolo Il nel 1988 proponeva al Parlamento europeo, e cioè: riconciliazione dell’uomo con se stesso, respingendo le culture del sospetto e della disumanizzazione e riaffermando invece con vigore la dignità e i diritti fondamentali della persona; riconciliazione dell’uomo con i suoi simili, accettandosi gli uni gli altri e aprendosi alle esigenze della solidarietà, e questo sia nei rapporti tra le persone, sia anche tra le classi sociali e tra gli stati; e infine riconciliazione dell’uomo con l’intera creazione, vegliando sui suoi precari equilibri, perché non cessi di essere dimora accogliente per l’uomo e motivo di lode riconoscente al Creatore. Concludo queste mie riflessioni con l’evocazione di una immagine. Il duomo di Strasburgo ha un orologio astronomico che è simbolo di come la Chiesa abbia nel passato segnato il tempo e le stagioni, la vita e la morte, e abbia riempito le date della storia. Questo duomo, però, a tutt’oggi, è ancora incompiuto, perché manca una torre non ancora costruita. Nella capitale dell’Europa unita, quindi, c’è una cattedrale della fede incompiuta, segno profetico che l’unità dell’Europa è ancora una sfida. Non vorrei che anche la cattedrale della storia rimanga l’incompiuta, perché costruita su fondamenta instabili. Mi pare che i cristiani debbano raccogliere la sfida dell’unità e adoperarsi perché si vada oltre la logica di un’unione economica del solo mercato unico europeo, e si arrivi a livello educativo, culturale, politico, istituzionale, a una vera Europa dei cittadini e delle persone.
L’Europa non si deve vergognare dei suoi padri
RADICI CRISTIANE DELL'EUROPA / 10 L'intervento di Ignazio Sanna
AUTORE:
Ignazio Sanna