Quando si sono definite le candidature, e sono state pubblicate le liste, diversi hanno storto la bocca e hanno detto: “Ricci poteva avere la vittoria in tasca, perché è andato a imparentarsi con la Lega? Questo gli porterà un po’ di voti ma gliene farà perdere molti altri”.
A quanto pare, non è andata esattamente così. Può darsi che la presenza della Lega nel suo schieramento abbia fatto perdere qualche voto a Ricci, ma di certo gliene ha portati moltissimi: quasi 50 mila, il 14 per cento dei votanti.
Se Ricci fosse stato eletto presidente, più che la vittoria di Ricci sarebbe stata la vittoria della Lega, la lista più votata nel centro-destra. È una sorpresa? Forse non tanto, non per noi de La Voce.
Quando Salvini, nel dicembre 2013, s’impadronì della Lega che era stata di Bossi e di Maroni, fummo i primi a dire che quello non era l’ultimo atto di un partito in disfacimento, ma il primo atto di un partito nuovo. Avrebbe abbandonato le vecchie bandiere (il regionalismo, il federalismo, la secessione, la Padania) e ne avrebbe innalzate di nuove (il nazionalismo, l’antieuropeismo, la chiusura delle frontiere).
Non sarebbe stato più il partito dei settentrionali contro il resto dell’Italia; sarebbe stato il partito degli italiani contro il resto del mondo. Di conseguenza, avrebbe raccolto voti in tutte le regioni, al Sud e al Centro non meno che al Nord.
Così è stato; e c’è da aspettarsi che continui, fino a che saranno vive e attuali le ansietà che turbano i sonni di molti italiani: la crisi economica, la crisi dell’euro, le sfide della globalizzazione, le grandi migrazioni, la criminalità; e finché la politica continuerà a dimostrarsi incapace di dare risposte convincenti.
Naturalmente non sto facendo l’elogio di Salvini, ma solo un’analisi politologica. Si può non essere d’accordo con le soluzioni urlate da Salvini nelle piazze, ma non si può ignorare che quei problemi ci sono e vanno risolti.
Magari senza inseguirlo sul suo terreno, come fu fatto nel 2001 con quella sciagurata riforma costituzionale (“federalista”) che ha sconquassato le istituzioni italiane tentando la furbata – naturalmente fallita – di rubare voti alla Lega.