A proposito d’immigrazioni Norberto Bobbio scriveva nel 1994 che “indipendentemente dal dibattito sul razzismo” di fatto “il contatto improvviso, impreveduto, di individui appartenenti a diverse tradizioni culturali, specie poi quando ‘i diversi’ alimentano una concorrenza nel mercato del lavoro, genera inevitabilmente conflitti etnici che si aggiungono a tutti gli altri conflitti da cui ogni società è lacerata”. Era un segnale premonitore. Sono trascorsi oltre venti anni e oggi si scopre questo passo in un inedito del filosofo morto nel 2004 all’età di 95 anni.
Bobbio, da una postazione culturale ben nota e andando oltre quelle che oggi sono espressioni di difesa e di paura, indicava due risposte possibili alla sfida delle immigrazioni: “L’assimilazione o il riconoscimento e conseguente regolamentazione di una società multiculturale”.
E si chiedeva quali delle due potesse essere definita la soluzione di sinistra aggiungendo subito la domanda: “Si può dire che una soluzione è più di sinistra di un’altra?”. Lanciava la domanda se la distinzione “sinistra” e “destra” avesse ancora significato politico.
Non intendeva certo liquidare i due termini a vantaggio del qualunquismo, dell’indifferenza e del disimpegno ma poneva una questione di fondo: quale risposta in termini di dignità umana si deve dare a un fenomeno sociale provocato da logiche di mercato, di potere, di sicurezza di pochi a scapito della sicurezza di molti?
Il filosofo collegava “il futuro del socialismo” al tipo di risposta che si intendeva dare alla sfida migratoria ma, andando oltre le righe, emerge oggi che quello a cui Bobbio pensava non era tanto il futuro di una parte quanto il futuro del tutto: il futuro dell’umanità. Quando, ad esempio e sempre nell’inedito, richiama “l’ideale dell’uguaglianza” raffigurandolo nell’immagine della “stella polare”, che lo guidava e “non è mai tramontata”, si riferisce alla responsabilità storica della sinistra ma si farebbe torto alla sua onestà intellettuale se la lettura delle sue parole si fermasse a una sponda e non prendesse il largo. Questo movimento del pensiero appare evidente quando afferma che la vittoria delle regole del profitto e del potere comporterebbe la sconfitta di quanti formano “il pianeta dei naufraghi”. Oggi il barcone dei naufraghi.
Scrive Bobbio che “il mercato, nel momento in cui libera immense energie, crea enormi e intollerabili disuguaglianze”. Quindi “la vittoria del mercato non solo non rappresenta la fine della sinistra (e tanto meno la fine della storia) ma ricrea continuamente le condizioni per la sua perpetuazione”. Il mercato, che non si ferma ai muri, alle trincee e al filo spinato, continuerebbe all’infinito la sua opera di divisione e disuguaglianza.
Si fanno spazio due considerazioni: la fuga dalla responsabilità dei mercati di fronte al fenomeno migratorio. La seconda richiama le parole e i gesti di un Papa fedele a quel Vangelo che non ha bisogno di cartelli di destra e di sinistra per indicare la via della solidarietà, del bene comune, della speranza.
Non è dato di sapere se Bobbio sia arrivato a questa conclusione e non è corretto dare per scontato che ci stesse arrivando.
Non compete a chi è ai bordi della cronaca interrogare la coscienza altrui. Compete piuttosto cercare e seguire le tracce che collegano il sentiero di un filosofo al sentiero di un Papa e così scoprire che entrambi, pur nella diversità dei compiti, hanno camminato e camminano verso la pace e la giustizia guidati dalla stella polare di quell’uguaglianza che nasce dalla dignità di ogni essere umano.