La crisi non demorde, ma gli strumenti per uscirne ci sono. Si chiamano internazionalizzazione e innovazione, formazione e investimento dei fondi strutturali in arrivo dall’Unione europea. E’ quanto emerso questa mattina nel corso della presentazione del Rapporto economico e sociale dell’Umbria 2014, realizzato dall’Agenzia Umbria Ricerche.
L’Umbria ha pagato la crisi più di altre regioni italiane, perdendo ben 11 punti di Pil dal 2008, rispetto ai 9 italiani. Ben il 49,8% delle aziende della regione, una su due, ha visto diminuire i propri ricavi; rispetto alla media nazionale l’Umbria ha una minore produttività del lavoro, una più bassa redditività, una peggior qualità del capitale umano ed una dimensionalità che si attesta su imprese piccole e piccolissime (1-3 addetti). A pesare è poi la minor capacità di esportazione, con un orientamento delle imprese umbre volto soprattutto al mercato locale, nazionale, nonchè molto protetto dalle Pubbliche Amministrazioni. Anche le retribuzioni restano nel settore privato tarate su livelli inferiori rispetto al resto d’Italia, ben l’87% della media nazionale.
Ci sono, però, settori in controtendenza. Come, ad esempio, l’industria alimentare, che ha incrementato in questi anni di crisi l’occupazione, senza intaccare i livello di produttività. Come anche il comparto delle industrie culturali e creative, che ha avuto una dinamica in crescita per valore aggiunto (5%) e per occupazione negli ultimi anni, seppure sempre a livelli minori rispetto al resto d’Italia. E, ancora, come il settore delle Fonti energetiche rinnovabili, che vede l’Umbria quarta regione per l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e seconda per il risparmio energetico legato ai certificati bianchi.
Gli strumenti per uscire dalla crisi, quindi, già ci sono. “Pur in un contesto così difficile – spiega a tal proposito Mauro Casavecchia dell’Aur -, c’è un gruppo di imprese che è cresciuto e ha avuto successo. Ciò non dipende dal settore di appartenenza o dalle dimensioni, ma dalle strategie messe in campo. Queste imprese hanno, infatti, abbinato internazionalizzazione e innovazione, differenziando le proprie strategie competitive e non riducendo semplicemente i costi”. “Ci sono poi – continua Casavecchia – una quarantina di nuove imprese innovative, le famose start up, censite negli ultimi quattro anni e che stanno crescendo”.
Su internazionalizzazione e innovazione, vuole puntare anche la presidente della Regione Catiuscia Marini, che ha concluso i lavori di questa mattina. Saranno questi, infatti, i settori principali su cui investire il miliardo e mezzo di fondi strutturali in arrivo dall’Ue, che aiuteranno “la specializzazione intelligente del nostro sistema produttivo per irrobustirlo, caratterizzarlo e recuperare il gap di competitività perso dalla regione negli anni. Dobbiamo poi investire sull’istruzione e la formazione dei giovani, sulla caratterizzazione del territorio e sulle politiche e servizi di welfare, grandi fattori di sviluppo economico”.
Laura Lana