Un incontro tra amici non ha bisogno di essere giustificato e motivato da ragioni esterne ed estranee all’amicizia stessa. Incontrarsi, parlarsi, scambiarsi idee, opinioni, confrontarsi sulle scelte che si fanno, insomma stare insieme come persone cariche della voglia di vivere e avere relazioni profonde e sincere. L’amicizia diventa ancora più forte quando allo stare insieme si aggiunge il guardare nella stessa direzione, puntando su una meta comune.
La Voce per molti di noi, per molti anni e per molti motivi, è stato ed è il luogo dell’incontro. Settimana dopo settimana, puntualmente ci troviamo, come in una piazza ben illuminata, a dialogare – convergendo o divergendo, questo importa meno – sulla Chiesa, sui Pastori delle nostre comunità, il loro insegnamento e le loro direttive, sullo stato e sulle attività delle nostre parrocchie, sui problemi del territorio, delle fabbriche, dei lavoratori, sui poveri e le opere di carità, sulle sfide della politica e della cultura attuale. Ci siamo impegnati a fondo sulle problematiche della famiglia, della bioetica, della cultura “di genere”. Ci siamo esposti con una linea discorde dal coro mediatico dominante, e ci siamo sentiti così in sintonia informale, propria di una comunità di amici. Parlo di comunità nella quale trova spazio la differenza, che è una ricchezza di sensibilità, di stile, di formazione, di interessi culturali e spirituali. Oltre alla differenza compatibile, propria ad esempio della pagine diocesane, La Voce segna anche una differenza “non compatibile”, senza polemiche ma con la ferma direzione di non cavalcare la tentazione della demagogia, del fanatismo, dell’esasperazione dei toni, della logica amico/nemico che serpeggia nel mondo circostante. Gli amici si fanno carico dei problemi comuni e li affrontano con sincerità e responsabilità.
Oggi per i giornali e la stampa in generale non è una bella stagione. Si dice che la gente non legge, i giovani non leggono, i nuovi media e il mondo del Web, della Rete, succhiano come vampiri quelli che potrebbero essere gli eventuali e potenziali lettori di giornali libri e riviste. Non è una moda nuova e passeggera, ma un “portato” della cultura attuale: la cultura dell’individualismo, del narcisismo, del bisogno di connessione mediatica, del desiderio di sapere e vedere tutto a piacimento. Tutte cose che possono provocare l’isolamento, la distanza dalla realtà delle persone e delle cose, la dipendenza dal mezzo usato. Non abbiamo soluzioni, nessuno ne ha. Camminiamo nella provvisorietà del nostro essere pellegrini in una terra che diventa sempre più straniera. La linea finora seguita è quella di non perdere l’aggancio con la parola, che per noi è sempre in maniera più o meno diretta collegata con la Parola, il Verbo che si è fatto carne. La nostra fede ci porta a confessare di essere creaturae Verbi, creature della Parola, che proponiamo a noi stessi e agli altri perché sia letta, detta, annunciata, meditata e vissuta nell’ordinaria esperienza quotidiana. Nello stesso tempo, non rifiutiamo le proposte di novità che ci vengono dalle meravigliose scoperte dei nuovi strumenti della comunicazione sociale, in tutte le sue forme e utilizzazioni.
Per questo abbiamo aperto già da anni uno spazio nuovo sul versante del digitale, in cui proprio in questi giorni stiamo realizzando qualche esperienza utile. Gli amici condividono gioie e dolori, assumono problemi e responsabilità e collaborano per la soluzione dei problemi e delle difficoltà più gravi e immediate. Una di queste è il calo degli abbonati. Non degli amici, ma di coloro che non riescono materialmente a leggere perché invecchiati, o che non possono permettersi di versare la quota di abbonamento, o che sono stressati dal lavoro professionale o domestico tanto da non riuscire a trovare momenti di pace per una tranquilla lettura. Questo incontro, infine, serve molto a chi lavora nel settimanale per avere un riscontro diretto, guardandosi negli occhi ed evitando che La Voce risulti senza eco, sia pure l’eco del dissenso.