La terza enciclica del Papa, Caritas in veritate, si collega perfettamente alle altre due; ne è quasi un’applicazione a livello socio-culturale. Le tre encicliche sono una ispirata trilogia che orienta il cammino della Chiesa all’inizio del terzo millennio.
Deus caritas est propone il contenuto essenziale della fede. La Rivelazione collega in modo chiaro le due parole più usate e abusate: Dio è amore (1Gv 4,8.16). Agape è comprensivo anche dell’eros e della philia, e quindi la Parola di Dio risponde in modo straordinario alla domanda dell’uomo di essere amato e di poter amare con l’amore divino. Dio-Amore è fondamento certo della speranza teologale: Spe salvi. L’amore divino è gratuito, eterno, totale, e quindi la speranza, che si esercita nella preghiera, nel fare la volontà di Dio, nel giudizio divino, è speranza performativa dell’esistenza. Dio-Amore attiva la speranza, il dinamismo della vita cristiana caricandola di motivazioni profonde, di una prospettiva di beatitudine tale da sostenere la totale dedizione a Dio e agli uomini.
Con Caritas in veritate il Papa chiarisce il rapporto profondo tra carità e verità, come principio vitale che dovrebbe animare interamente la vita del cristiano e di ogni uomo di buona volontà, perché possiamo vivere da fratelli, riconoscendoci figli dell’unico Padre. Il Papa chiarisce il significato di carità e verità. La carità ha carattere “divino”, teologale. È lo stesso amore del Padre e del Figlio che è lo Spirito santo.
È l’amore con cui Dio ci ha creato, Cristo ci ha redento, lo Spirito santo ci santifica. Dio riversa continuatamene nell’uomo il suo stesso amore, nella misura in cui la persona si rende disponibile attraverso il dono, fatto a tutti, della fede. L’uomo è chiamato a ricevere e a donare agli altri tale amore. “Destinatari dell’amore di Dio, gli uomini sono costituiti soggetti di carità, chiamati a farsi essi stessi strumenti della grazia, per effondere la carità di Dio e per tessere reti di carità” (n. 5).
Questo tipo di amore (l’amore divino) ricevuto e donato, costituisce il contributo centrale della dottrina sociale della Chiesa per lo sviluppo integrale di ogni uomo e di tutti gli uomini. Perché quest’amore possa essere inteso e mantenuto in modo corretto, occorre la verità della fede e della ragione, in modo da superare riduzioni o travisamenti di senso. San Paolo invita i cristiani a perseguire “la verità nella carità” (Ef 4, 15).
Papa Benedetto preferisce rovesciare i termini “carità nella verità”. Le due espressioni si completano: la verità nella carità e la carità nella verità. “Solo nella verità la carità risplende e può essere autenticamente vissuta. La verità è luce che dà senso e valore alla carità… ne coglie il significato di donazione, di accoglienza e di comunione. Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo.
L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità” (n. 3). La verità “libera la carità dalle strettoie di un emotivismo che la priva di contenuti relazionali e sociali, e di un fideismo che la priva di respiro umano ed universale. Nella verità la carità riflette la dimensione personale e nello stesso tempo pubblica della fede nel Dio biblico, che è insieme Agápe e Lógos: Carità e Verità, Amore e Parola” (n. 3).