Domenica 20 settembre a Roccaporena di Cascia si è tenuto l’incontro dei catechisti della diocesi di Spoleto-Norcia in vista dell’avvio del nuovo anno pastorale.
Dopo i saluti dell’arcivescovo Boccardo, che ha presentato agli oltre 150 intervenuti il nuovo direttore dell’ufficio diocesano per la catechesi don Canzio Scarabottini, c’è stato l’intervento di mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano.
Il Presule ha sottolineato due fattori che sfidano la pastorale dell’iniziazione cristiana. Primo, offrire una proposta di fede a chi cristiano lo è stato, ma di fatto non lo è più; a chi lo è per anagrafe e abitudine, a chi pensa di esserlo e anche a chi effettivamente lo è. Secondo, nelle parrocchie è sostanzialmente ancora alta la richiesta di riti che la toccano direttamente, ossia Battesimo, Confermazione ed Eucaristia.
“Accade paradossalmente – ha detto Semeraro – che laddove c’è meno tradizione religiosa è più facile attivare una reale iniziazione; dove, al contrario, c’è più tradizione si fa più difficoltà a fare percorrere alle persone un vero cammino iniziatico di fede. L’intreccio di questi e di altri fattori mette in forte difficoltà il compito specifico della catechesi. Siamo come in mezzo a un guado: da una parte ci sono mentalità ancora segnate dai riflessi condizionati della cristianità, dall’altra queste stesse mentalità sono già profondamente e irreversibilmente secolarizzate. Chi lavora nella catechesi in Italia è chiamato a stare dentro questa faticosa transizione”.
Per il vescovo di Albano “è necessario che l’ordine tradizionale della catechesi sul Credo conosca un’inversione, un capovolgimento. In altre parole, la catechesi si rivolge a chi è credente e segue l’ordine dell’esposizione: io Credo in Dio, Padre del Signore Gesù, che ci dona il suo Spirito, la sua vita fino al compimento. Amen.
Il primo annuncio continua a dire tutto questo (ossia il contenuto della fede), ma lo fa per una via inversa. Non è la via dell’ordine dell’esposizione, ma la via della scoperta; è la via dell’attestazione, la via testimoniale. Tutto, in breve, comincia dall’Amen. Questa parola ebraica, che la nostra liturgia cristiana ha conservato, è il sigillo di ogni preghiera della Chiesa, di ogni suo atto di fede, di ogni suo gesto.
Cominciare dall’Amen non significa per nulla trascurare il contenuto della fede, perché quando diciamo primo annuncio abbiamo a che fare proprio con il contenuto centrale del Simbolo della fede e non di qualcos’altro. Da questo centro simbolico (cioè del “Credo”), poi, tutto risale verso la paternità di Dio sino all’opera della creazione; da lì stesso tutto si diparte verso la ‘ri-creazione’, con la mediazione della Chiesa che del regno di Cristo e di Dio ‘costituisce in terra il germe e l’inizio’”.