In questi giorni si parla degli Ebrei, una volta tanto non dello Stato d’Israele e della sua politica, né del conflitto con i palestinesi, e neppure dei fermenti di antigiudaismo che serpeggiano qua e là tra gruppi di giovani sprovveduti, ma della loro storia e del patrimonio culturale che hanno consegnato al mondo. Si è appena conclusa la giornata per l’approfondimento della conoscenza dell’ebraismo proposta da cattolici ed ebrei che ritorna ormai da sedici anni nella data del 17 gennaio ed in questa occasione ebrei e cattolici si sono trovati d’accordo, senza ombra di dubbio, nel riproporre con forza e convinzione, ‘la legge di Dio’, conosciuta come ‘Decalogo’, parola greca composta che significa ‘dieci parole’.
Dieci parole che indicano una via da percorrere per avere una vita buona e una società umana degna di essere vissuta. Dieci parole per evitare che il mondo precipiti nel degrado morale e nella corruzione della libertà.
Queste parole della Bibbia ebraica, accolte e riproposte da Gesù ai suoi discepoli, il rabbino Giuseppe Laras, presidente dell’Assemblea dei rabbini d’Italia, le ha definite una ‘vera e propria stella polare della fede e della morale del popolo di Dio’. Ha aggiunto che sono anche ‘il grande codice’ della civiltà etica dell’intera umanità, dato che esse identificano bene e male, giusto e ingiusto, vero e falso rispondendo a criteri propri della coscienza retta di ogni creatura umana. Nel proporre queste dieci parole in questo momento storico all’intera umanità non si intende traferire la regola di comportamento propria della cultura di un popolo ad altre culture e altri contesti e neppure imporre una legge fredda ed astratta calata dall’alto. Il decalogo, dato sul monte in mezzo al deserto, come in un luogo fuori dello spazio e del tempo segna l’alleanza universale tra l’Io e l’Altro, tra l’Alto della trascendenza e il profondo della coscienza, tra le libertà e la responsabilità.
Le Dieci parole costituiscono anche il fondamento e il criterio di legittimità per l’elaborazione di ogni legislazione umana, religiosa e civile, la fonte ispiratrice di ulteriori possibili codici etici. La loro fedele osservanza permette di realizzare la giustizia e la pace nel mondo. Si evita così che vengano costruiti modelli disumani di comportamento che portano alla violenza sotto tutte le forme, propagandata da ideologie disumane o da personaggi grotteschi, esaltati e persi nelle manie di potenza. Rileggere il famoso testo dell’Esodo (cap. 20) a ricordo della shoah (il 27 gennaio si celebra la Giornata della memoria) e delle tragiche esperienze di cui fa spettacolo la storia contemporanea, può essere la maniera migliore per comprenderne il valore e la decisiva importanza per i futuro dell’umanità.
Lo ha voluto ricordare anche papa Benedetto XVI, a Colonia nella visita alla sinagoga l’agosto scorso (presto visiterà anche quella di Roma, invitato dal rabbino capo Riccardo Di Segni): ‘Il decalogo è per noi patrimonio e impegno comune. I Dieci comandamenti non sono un peso, ma l’indicazione del cammino verso una vita riuscita’.