Le violenze divampate in questi giorni in molte città di Paesi a maggioranza musulmana, contro tutto ciò che rappresenta l’Occidente, compresi i cristiani e le loro chiese, sono una risposta eccessiva, abnorme, sbagliata, a una provocazione avvenuta cinque mesi fa. Ciò fa pensare che non sono neppure una risposta, ma una concertazione di azioni che hanno fini politici interni e internazionali di governi e gruppi politici di pressione che fanno leva sul fanatismo religioso. L’aggressione a simboli e persone di fede cristiana, come la barbara uccisione del compianto don Andrea Santoro, è incomprensibile e del tutto fuorviante. Chi potrà far capire che i cristiani non c’entrano con le vignette? Chi potrà far capire a quegli scalmanati che hanno dato fuoco alle chiese cristiane in Nigeria, che coloro che si recano in quelle chiese e in ogni altra chiesa cristiana del mondo si rivolgono a Dio, che è definito ‘Amore’, e comanda di amare anche i nemici, sull’esempio del Nazareno che ha perdonato quelli che lo hanno crocifisso? Le masse pakistane e afgane, nella loro misconoscenza della realtà dell’Occidente, del suo pluralismo, delle sue contraddizioni, del suo culto di libertà senza freni, non sono certo in grado di farsi un giudizio autonomo, non dipendente dalla propaganda antioccidentale del regime. L’unica speranza di chi ha operato da decenni per il dialogo e la collaborazione con fedeli dell’Islam, più o meno praticanti, sta nella testimonianza di costoro. Sono i nostri amici musulmani che hanno potuto constatare di persona che i cristiani che hanno conosciuto e da cui sono stati accolti non avrebbero mai fatto una caricatura di Maometto, né hanno dimostrato disprezzo nei loro confronti. L’azione caritativa della Chiesa non ha mai fatto distinzione di persone. Ci si sarebbe, pertanto, aspettato che questi amici avessero giocato un ruolo nel chiarire la distinzione tra cristiani e cittadini occidentali, tra la politica del Papa e quella di Bush. Basti ricordare che la Santa Sede e il Consiglio ecumenico delle Chiese, si sono dichiarati contrari alla guerra in Iraq, così come contro il terrorismo. Perché non c’è stata, o almeno non si è fatta sentire questa voce amica? Alcuni di loro hanno detto e diranno che hanno parlato, ma non sono stati ascoltati. Ma forse è verosimile un’altra risposta: che l’odio antioccidentale sia strutturale nelle popolazioni musulmane e costituisca un tratto culturale che le accomuna e si riproduce attraverso la formazione delle coscienze sulla base dell’impostazione esclusivistica della fede musulmana che porta con sé l’ostracismo di ogni altra religione considerata come ignoranza, miscredenza, idolatria, destinata a scomparire. Gli ultimi avvenimenti con l’attentato alla moschea di Samarra e il crollo della cupola d’oro inducono a considerare anche un’altra ipotesi: che l’immenso mondo islamico sia percorso da un fremito politico-religioso irrefrenabile che nessuno riesce a dominare, di fronte al quale non si deve fuggire, ma offrire strumenti e una via di soluzione che passi per le grandi città, sedi di elaborazione culturale e di ricerca di soluzioni economiche e sociali e per i villaggi della povera gente, in un grande abbraccio di rinnovata solidarietà e alleanza tra tutte le genti, nel nome dell’unico Dio e della fede del padre Abramo.
Le Chiese non c’entrano
AUTORE:
Elio Bromuri