Attenzione alle vecchie povertà, ma anche ai tanti, nuovi bisogni. Le Caritas diocesane dell’Umbria negli ultimi anni si sono riorganizzate e hanno creato un coordinamento regionale più forte e adatto alle nuove esigenze del tessuto sociale.L’incontro fra i bisogni e le varie possibilità di risposta che la Caritas può fornire avviene sempre nei centri di ascolto. Si cerca di dare risposte immediate ai bisogni più urgenti, come buoni pasto o una struttura di prima accoglienza. Ma c’è anche la possibilità di individuare soluzioni a media e lunga scadenza, per orientare le persone a scelte di lavoro, di alloggio o sistemazione prolungata. Fra le povertà che negli ultimi anni sono diventate sempre più diffuse e presenti, anche in Umbria, quella dell’immigrazione presenta aspetti assai complessi e problematici. La gran parte degli extracomunitari che arrivano in Italia non si trovano davanti – infatti – solo a problemi economici. Per loro è sempre più difficile essere accettati, integrarsi, iniziare una vita normale. La rete delle Caritas offre opportunità di prima accoglienza, per periodi di un mese o due, per garantire un iniziale punto di appoggio agli stranieri senza tetto e senza riferimenti. Così operano la Casa di accoglienza “Parrabbi” di Terni, quella di Todi, di Santa Maria degli Angeli, in Assisi, o la casa Santa Croce di Città di Castello, con la vicina mensa dei poveri aperta quattro giorni la settimana a tutti. Proprio come la mensa di San Valentino, sempre a Terni, o quella della Misericordia a Spoleto. In altri casi, gli extracomunitari vengono affiancati nella ricerca di un alloggio stabile o di un lavoro. L’esempio è quello della Caritas diocesana e del Centro immigrati di Foligno, che tra gli aiuti concreti agli immigrati offrono anche corsi di lingua italiana. Fra le categorie deboli cui le Caritas si dedicano con particolare attenzione ci sono le donne in difficoltà: ragazze-madri, giovani italiane ma soprattutto straniere uscite da storie di sfruttamento sessuale, di separazione coniugale, di problemi economici. Spesso c’è anche l’esigenza di manterle nell’anonimato, in luoghi dove possano ritrovare la serenità perduta e sentirsi accolte in una grande famiglia. Accoglienza che significa attenzione a ridare dignità ad una identità discriminata, indifesa di fronte alle violenze e allo sfruttamento. Ma anche aiuto nella scelta di portare avanti una gravidanza inattesa e una maternità responsabile. In questa direzione va, in particolare, il lavoro nella Casa Firmina di Terni, quello della diocesi di Orvieto-Todi e della Casa di accoglienza della Caritas tuderte, come anche l’opera delle suore di San Vincenzo nel centro storico di Perugia e l’attività del centro San Sabino di Spoleto. In tutti questi luoghi c’è sempre grande movimento, grazie ai tanti bambini che riscoprono insieme alle loro mamme la vera gioia di vivere. Non sempre, però, i più piccoli possono rimanere nelle loro famiglie o accanto a uno dei genitori. Spesso l’infanzia è violata, abbandonata, rifiutata. E allora, la rete delle Caritas diocesane cerca la soluzione migliore per bambini e ragazzi. L’essere dalla parte dei più indifesi, in questo caso, significa promuovere l’affidamento dei minori presso famiglie disponibili ad accoglierli con spirito di gratuità e senza alcuna pretesa, per camminare insieme ai bambini per il periodo strettamente necessario alla soluzione di problemi personali e familiari. Si parla oggi dell’aumento delle povertà immateriali, non economiche, che colpiscono in misura crescente soprattutto le giovani generazioni. Un disagio che nasce in particolare dalla mancanza di valori interiori o dalla malattia psichica. Di fronte a storie di sbandamento, il percorso é difficile e duro. Spesso passa attraverso l’impegno nel lavoro, quello artigianale nelle sue varie forme, o quello agricolo, per riscoprire un sano contatto con la terra e con la natura. E’ il caso del centro che a Foligno ospita la delegazione della Caritas regionale, che cresce pian piano grazie al lavoro degli stessi ospiti della casa. O del vecchio rustico contadino di Eggi, a Spoleto, dove alle marginalità si risponde con il ritorno alle tradizioni rurali e alla genuinità della natura. O ancora con le cooperativa “Solco” di Terni e le due iniziative artigianali di Gubbio. Andare incontro alle necessità dell’universo giovanile significa, invece, fornire un serio orientamento ai dipendenti da ogni tipo di droga, verso strutture adatte a un recupero mirato. O accogliere carcerati che possono scontare la loro pena agli arresti domiciliari o in affidamento nelle strutture della Caritas, come accade nella casa di Monte Morcino a Perugia o nella stessa sede della Caritas regionale a Foligno. Il primo passo sulla strada di una nuova integrazione nella società e nel mondo del lavoro. Infine anziani, malati e disabili. Non bastano strutture belle e funzionali, anche se sono molto importanti. E’ necessario valorizzare sempre di più l’impegno e la presenza dei giovani accanto a chi soffre, a chi sta arrivando al tramonto della propria vità o a chi cammina con un ritmo diverso da quello delle persone normali. Esempi di questi interventi sono il villaggio Santa Caterina di Solfagnano, a Perugia, e il centro delle Figlie del Beato Bonilli a Spoleto. Tante strutture – quelle della Caritas dell’Umbria – con finalità, percorsi e risposte diverse fra loro. Realtà accomunate, però, dal voler essere un segno di come i cristiani dovrebbero aprirsi all’accoglienza e all’aiuto verso il prossimo, specie verso i più poveri e deboli, nella normalità della vita di tutti i giorni.
Le Caritas in Umbria: vicine alle vecchie e nuove povertà
Tante realtà diocesane di accoglienza e solidarietà di esempio per tutti
AUTORE:
Daniele Morini