Proprio mentre la Camera concedeva la fiducia al Governo sul decreto per il rientro dei capitali all’estero e sull’emersione dal lavoro nero, a Perugia venivano presentati i dati del primo Rapporto sul lavoro sommerso, dal quale risulta, tra l’altro, un grande uso di contratti atipici unitamente alle irregolarità. Lo studio è stato promosso dall'”Osservatorio regionale sul lavoro nero, economia sommersa, elusione ed evasione contributiva”, costituito presso l’Inps, con la partecipazione dell’Inail e delle Direzioni provinciale e regionale del Lavoro. Un lavoro interessante che getta un po’ di luce su un fenomeno di per sé difficile da conoscere, ma anche un lavoro che dovrebbe servire a capire perché imprenditori e lavoratori scelgono di ignorare le norme di legge o contrattuali, completamente o in parte. Difficile pensare che tutti lo facciano perché amano il rischio o la frode allo Stato. Ci sono certamente (anche se non sempre) ragioni che spingono al risparmio di tempo o di denaro, e se indagini come questa possono indicare la dimensione del fenomeno, più difficile è capire perché ciò avviene e cosa si dovrebbe fare per evitare il ricorso al lavoro “nero” (che non risulta affatto) o “grigio” (irregolare). Domande che potrebbero trovare risposte con indagini “qualitative” condotte con interviste a testimoni qualificati e con criteri scientifici. Quello che si sa, comunque, è indicativo della complessità del problema. Dietro al lavoro nero o irregolare (rispettivamente 1.419 e 3.403 casi rilevati nel primo semestre 2001 dalla Direzione regionale del Lavoro) si nascondono le situazioni più diverse: c’è chi svolge un lavoro manuale di bassissima o nessuna specializzazione e mal pagato, ma c’è anche chi lavora in settori “ad alto valore aggiunto”, tecnologici o informatici, ad alta formazione e specializzazione. Molte realtà se emergono dalla irregolarità devono chiudere, ma tra queste ce ne sono che operano in settori senza futuro, ed altre che un futuro potrebbero averlo. Le Istituzioni dovrebbero valutare e fare scelte strategiche nel programmare gli interventi economici a sostegno delle imprese e la formazione delle persone, in una parola la strategia di sviluppo per questa Regione.Indicazioni concrete ed utili le offre il prof. Pierluigi Grasselli, docente universitario e coordinatore della ricerca, nell’intervento che ospitiamo in questa pagina. Sulle aziende visitate dagli enti ispettivi il 58% sono irregolari. Agricoltura e terziario più a rischioIl primo Rapporto su alcuni aspetti collegati a fenomeni di economia sommersa e di lavoro sommerso, messo a punto nell’ambito dell’Osservatorio sul lavoro nero di recente costituzione, si basa su una rassegna accurata e dettagliata dell’attività degli Enti con funzioni ispettive sul rispetto delle normative sul lavoro (Direzioni Provinciali del Lavoro, Inps, Inail) in Umbria, compiuta nel corso del primo semestre 2001. Si tratta di attività svolta il più delle volte su segnalazioni o denunce, e non su un campione casuale, per questo i dati, che si riferiscono solo alle aziende visitate, vanno usati con estrema cautela senza pretesa di trarne considerazioni di ordine generale sui comportamenti delle imprese. Secondo i dati di fonte Direzione Regionale del Lavoro, e risultanti dall’attività ispettiva di tutti gli Enti suddetti, sul complesso delle aziende visitate (2026, di cui il 60,8% appartengono all’industria, il 34,9% al terziario, il 4,3% all’agricoltura) 1180 risultano irregolari pari, nel complesso, al 58,2% di quelle visitate; possiamo chiamare tale quoziente ‘tasso di irregolarità’. I dati Inps forniscono alcuni elementi sulle aziende cosiddette ‘in nero’, in quanto del tutto sconosciute all’Ente prima della visita ispettiva: nella media regionale, tali aziende risultano pari al 5,9% delle aziende visitate, con valori più elevati in Agricoltura, nel Terziario, nell’Alimentare. Sempre sulla base dei dati Inps, i lavoratori ‘in nero’ corrispondono al 17% di quelli regolarmente registrati presso le imprese visitate; tale rapporto risulta più elevato per l’Agricoltura e per il Terziario (Commercio), nonché per Alimentare e Moda. Quanto al lavoro autonomo, dai dati delle ispezioni Inps risulta che le aziende in nero sono pari al 67% di quelle irregolari. Per le aziende incluse negli archivi umbri dell’Inps è nota inoltre la composizione per qualifica, alla fine del 2001, dei rispettivi dipendenti. Ad es., si può rilevare che l’incidenza degli operai con contratto part-time raggiunge i valori più elevati nella Moda (11%) e nell’Alimentare (8%), e quella degli apprendisti nell’Edilizia (12%) e nella Metalmeccanica (9%).Dai dati Direzione Regionale del Lavoro possono derivarsi alcune caratteristiche dei lavoratori rilevati come irregolari nelle aziende visitate: sul totale di questi, quelli occupati abusivamente, non registrati a libro paga, costituiscono il 29% del complesso; il restante 71% è caratterizzato da altre cause di irregolarità (retribuzioni fuori busta paga, casi diversi). Con riferimento ai lavoratori non registrati a libro paga, mostra una consistenza di un certo rilievo (17%) la categoria degli extra-comunitari, concentrata per quasi la metà nell’Edilizia, nonché distribuita per piccoli importi tra Pubblici Esercizi, Legno, Agricoltura, Metalmeccanica. MariaRita ValliGrasselli: il sommerso si supera se puntiamo su teconologia e lavoroLe indicazioni ottenibili sul sommerso in Umbria dai dati della vigilanza confermano l’importanza di questo fenomeno anche nella nostra regione; esso si presenta rilevante, come già evidenziato dai recenti dati Istat (con un’incidenza della componente non regolare sulle complessive unità di lavoro pari al 14,7%, in linea con il dato nazionale) e assai articolato, sia per grandi comparti che per specifici settori (come suggeriscono appunto i dati della vigilanza). L’espansione del sommerso si collega alle esigenze di abbattimento dei costi per fronteggiare la concorrenza (accentuata dalla globalizzazione), alle rigidità ed alle macchinosità del sistema istituzionale che regola l’attività d’impresa, e all’asprezza del prelievo fiscale e contributivo; si giova della frammentazione del sistema produttivo e dei processi di decentramento della produzione. Colpisce soprattutto i lavoratori delle qualifiche più basse ma anche lavoratori ad alta professionalità, cui può convenire effettuare prestazioni al riparo dalla normativa vigente. Si innesta non solo sulle attività tradizionali (agricoltura, edilizia, commercio, pubblici esercizi,..) ma anche su quelle nuove (in continua trasformazione, in parte legate alla new economy, spesso sfuggenti nella loro localizzazione) e sulle nuove forme di lavoro (part-time, collaborazioni coordinate e continuative,…). L’economia e il lavoro sommersi propongono con forza la questione dell’efficienza a livello microeconomico (delle forme di produzione) e macroeconomico (per le distorsioni introdotte nei mercati del lavoro e dei beni, per il mancato prelievo fiscale e contributivo,…), ma anche l’esigenza della giustizia (determinando situazioni gravemente sperequate -sotto il profilo delle condizioni di lavoro, delle retribuzioni, delle coperture previdenziali, della sicurezza sul lavoro…) per singoli lavoratori o gruppi di essi. Pongono inoltre il problema, strettamente collegato, della miglior realizzazione delle persone coinvolte: oltre all’ottica (nettamente prevalente nella stampa accademica e professionale) degli equilibri sistemici, occorre tener conto di quella delle situazioni soggettive, personali, interpersonali. La rilevanza del sommerso impone uno sforzo collettivo di chiarimento e approfondimento di esso, per comprenderne le determinanti specifiche e le possibilità di superamento. Induce ad una riflessione approfondita sulle criticità del tessuto produttivo regionale e sollecita con forza nuova la conclamata necessità di accelerare lo spostamento della frontiera produttiva regionale su livelli più avanzati di tecnologia, di organizzazione, di rapporti di mercato. Ma anche di una più compiuta valorizzazione della creatività, della professionalità, della socialità delle molteplici categorie di addetti all’economia della regione umbra.
Lavoro irregolare: ce l’hanno il 15% dei lavoratori umbri
Primi risultati dell'Osservatorio regionale su nero, sommerso, elusione ed evasione
AUTORE:
Pierluigi Grasselli