La disoccupazione non è un problema squisitamente italiano, ma europeo, tanto che la Ue ha promosso da quest’anno la Youth Guarantee (garanzia giovani), per stimolare l’inserimento lavorativo degli oltre 6 milioni di under-25 inattivi.
Il problema ha dimensioni strutturali, perché un Continente in “crisi demografica” come il nostro non può permettersi il lusso di escludere dal mondo della produzione cittadini in età attiva, specialmente giovani, se per il futuro si vorrà mantenere il livello di qualità della vita raggiunto e le politiche sociali che ne garantiscono la diffusione nella gran parte della popolazione.
Anche l’Italia, uno degli Stati nelle condizioni peggiori riguardo alla situazione della disoccupazione giovanile, ha presentato il suo “piano di garanzia”, che la Commissione europea finanzierà. Un’occasione da non perdere per rilanciare il lavoro.
Dal progetto illustrato dal ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, emergono tre elementi positivi che potrebbero rivelarsi fruttuosi ed efficaci.
1. L’elaborazione concertata è il processo con il quale è stato progettato il piano e ha coinvolto vari attori, le parti sociali, gli operatori pubblici e quelli del terzo settore, le istituzioni regionali. Questa modalità concertata potrebbe innescare una sinergia delle azioni che i diversi soggetti mettono in campo.
2. Si auspicano politiche attive che prevedono percorsi personalizzati, finalizzati all’inserimento, esperienze di tirocinio, impegno nel servizio civile, formazione professionalizzante e accompagnamento all’avvio per un’iniziativa imprenditoriale.
3. Il Coordinamento nazionale con delega alle Regioni dovrebbe integrare in un unico sistema le risorse nazionali e dei territori. Mettere in relazione i diversi attori che operano nel campo: imprese, scuole, sindacati, agenzie per l’impiego pubbliche e private, profit e no profit.
Allo stesso tempo alcuni esperti, tra cui Maurizio Ferrera, hanno sollevato alcuni dubbi che evidenziano alcuni punti di debolezza che potrebbero interferire nel progetto. La prima è la fragilità dei servizi per l’impiego, in particolare nel Sud Italia: la questione è centrale, perché i servizi sono un nodo essenziale per connettere domanda e offerta di lavoro. Il secondo punto è l’ambizione di un piano che immediatamente coinvolge tutto il territorio nazionale, mentre altri piani presentati alla Commissione Ue (ad esempio quello francese) hanno scelto di partire con alcune Regioni, per poi allargare l’azione politica ad altre.
Altri ancora hanno aggiunto la seria difficoltà di coinvolgere i giovani scoraggiati, che sono allontanati dalla vita attiva. Si tratta di un compito difficile perché non è una semplice operazione di “reindirizzo” verso un nuovo lavoro, ma di recupero anche psicologico e culturale di persone che hanno abbandonato la speranza di raggiungere un lavoro dignitoso.