Il 21 novembre 1964, il Concilio Vaticano II promulgava il Decreto sull’ecumenismo, Unitatis redintegratio. Fin dall’introduzione il documento afferma che “da Cristo Signore la Chiesa è stata fondata una ed unica”, che la divisione si oppone alla volontà del Signore, è “di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo”. E aggiunge che “promuovere il ristabilimento dell’unità fra tutti i cristiani è uno dei principali intenti del sacro Concilio ecumenico Vaticano II”. Da allora sono trascorsi esattamente 40 anni durante i quali il documento ha avuto ripercussioni senza precedenti, il cui impatto si è esteso ben al di là della Chiesa cattolica. Da allora sino ad oggi il cammino compiuto è stato enorme e deve restare un punto di non ritorno. Ma non è scontato: anzi restare fermi significa tornare indietro. Per questo è necessaria l’audacia dei piccoli passi che senza sosta continuino il cammino. In questo orizzonte si pone anche la recente visita ad Assisi e a Terni del metropolita Filarete di Minsk, uno dei più alti rappresentanti della Chiesa Ortodossa di Mosca. Ma tante altre sono state le iniziative che hanno visto protagoniste le nostre Chiese in questo campo. Se vogliamo guardare il futuro dell’ecumenismo con speranza non c’è dubbio che bisogna ritornare a cogliere lo spirito che è sgorgato dal Concilio e che animava i primi protagonisti: cercare ciò che unisce prima di quello che divide. Lo disse con passione Giovanni XXIII quando aprì il Concilio; fu anche la ragione che quarant’anni fa spinse Paolo VI a Gerusalemme per abbracciare il Patriarca di Costantinopoli Atenagora. Fu anche quello che mosse il Metropolita Nikodim ad incontrare Giovanni Paolo I, ed è quello che muove tanti altri capi di Chiese per significativi incontri. Giovanni Paolo II ha fatto suo questo spirito. Ha detto: “Papa Giovanni XXIII … era solito dire che ciò che ci divide come confessori di Cristo è molto minore di quanto ci unisce. In questa affermazione è contenuta l’essenza stessa del pensiero ecumenico. Il Concilio Vaticano II è andato nella medesima direzione … Esistono dunque le basi per un dialogo, per l’estensione dello spazio dell’unità, che deve andare di pari passo con il superamento delle divisioni, in grande misura conseguenza della convinzione del possesso esclusivo della verità”. Purtroppo però questo spirito ecumenico rischia di essere appannato dal clima culturale contemporaneo che spinge singoli, gruppi e nazioni a sottolineare la propria identità a scapito dell’universalità. Dove invece lo spirito del Concilio e quello dei fondatori dell’ecumenismo continua a spirare noi vediamo verificarsi veri e propri miracoli. Li abbiamo visti e continuiamo a vederli anche nella nostra Umbria. C’è da sottolineare, tuttavia, che deve ancora crescere molto in tutti la coscienza che noi cristiani, lo vogliamo o no, siamo tutti fratelli e sorelle. Ciascun cristiano perciò restando radicato nella propria Chiesa non solo può, ma deve respirare con l’intera cristianità. Ed in effetti da quando i cristiani hanno imparato a respirare così, ossia a guardarsi in modo diverso, si è avuta una svolta storica nei loro rapporti, prima inimmaginabile. E se oggi c’è qualche raffreddamento lo si può scorgere da quando le Chiese hanno ripreso a camminare ognuna incurante dell’altra, magari in nome di un’identità confessionale che temeva di perdere. Questo ripiegamento delle Chiese su se stesse, questa autoreferenzialità rischia di sopprimere lo spirito di fraternità. È necessario e urgente che i cristiani riprendano ad incontrarsi e ad amarsi. Del resto è da come ci ameremo che gli altri ci riconosceranno. Questo significa che il dialogo della carità resta la via centrale dell’ecumenismo, e non è una via laterale o parallela ad altre, come ad esempio a quella teologica. Al contrario è l’alveo che le fonda e le raccoglie tutte. È una via ampia che richiede oggi soprattutto coraggio, creatività e audacia. Se la carità si affievolisce è facile tornare a sottolineare quello che divide. Ecco perché l’ecumenismo va sempre più compreso nell’orizzonte dell’amore evangelico che, in certo modo, fa vivere l’unità in anticipo, come se fosse già perfetta, malgrado le mancanze e le diversità.
L’audacia dei piccoli passi
AUTORE:
Mons. Vincenzo Paglia