Lo specifico del cristiano nell’impegno al servizio del disabile, o comunque della persona debole, parte dalla lotta senza quartiere contro l’emarginazione. Perché nella vita ci sia un posto per tutti. Anche per me, disabile. Un posto in cui possa fare quello che so fare. Grande o piccolo che sia, poco importa; “Lo voglio”, grida il disabile. E chi si affianca al disabile, se ha capito qualcosa del Vangelo e della preferenza di Cristo per gli ultimi, assolutizza anche il minimo dei risultati conseguiti, e tifa per chi lo ha conseguito come il più accanito dei supporters della Curva sud. Mio figlio Franchino, tetraparetico, disartrico e ritardato mentale, s’è laureato a Padule quando ne ero parroco, primissimi anni ’80. Una sera dopo cena, in un contesto di tifo acceso. Laurea vera, anche se informale. Eravamo una decina di persone nella casa parrocchiale; chi giocava a carte, chi sonnecchiava stravaccato sul divano. Sbadigli grandiosi. La tv stava trasmettendo per l’ennesima volta Lo Squalo 1. Solo Franchino seguiva il film. A un certo punto (ricordate?) lo squalo attacca un uomo che sta nuotando e gli trancia netto un arto, che lentamente va a fondo. A quel punto (era già era teso come le corde dell’obelisco di piazza S. Pietro quando Sisto V volle farlo tirare su tutto insieme) Franchino, mentre l’arto tranciato stava toccando il fondo del mare, si alzò sugli avambracci della sua carrozzina e gridò, fortissimo e finalmente chiarissimo, incurante della sua disartria: “Chiama l’ambulanza!”. Ci svegliammo tutti insieme dal nostro torpore e il tifo esplose. “Chiama l’ambulanza”!? E chi gliel’ha detto cos’è un’ambulanza ? Come c’è arrivato a collegare danno fisico e automezzo per trasportare il danneggiato? Urla, applausi, cachinni di gioia! Tra noi c’era Fabio, obiettore in servizio civile che, con la… scusa di abitare proprio davanti alla casa parrocchiale, in 18 mesi di servizio non avrebbe chiesto nemmeno un giorno di permesso: “Fabio, va’ al bar di Luigi, compera due bottiglie di spumante!”. Ah! “E prendilo buono, per favore!”. Fu la gran festa di laurea di Franchino. Se tutti gli studenti, nel loro iter dalle elementari alla laurea, realizzassero il cammino che aveva realizzato Franchino negli ultimi anni, da quando nel 1977 l’avevano visitato le tre équipe diverse, al Rusk Institute di New York, l’Italia sarebbe gremita di premi Nobel. Assolutizzare il relativo, recepire ed esaltare la grandezza di un risultato oggettivamente minimo, ma grande, grandioso nella prospettiva del primato della persona. Altrimenti che cosa si riduce questo principio del primato della persona, tanto decantato? Si riduce a una piccola zeppa adatta a zoccare sotto le feste l’armadio sbilenco della nostra vita, che non spiana mai?
L’assolutizzazione del relativo
AUTORE:
Angelo M. Fanucci