Il presidente nazionale dell’Azione Cattolica Franco Miano ha partecipato all’assemblea diocesana elettiva che l’associazione perugino-pievese ha tenuto a Perugia il 26 gennaio scorso. Nel suo discorso ha sottolineato il valore ed il significato di questo passaggio statutario che caratterizza l’associazione, parlando di corresponsabilità, democrazia, rinnovamento.
Presidente, l’Azione cattolica è nata all’inizio del ’900: proprio per questo c’è chi ritiene che non possa dare risposte nuove…
“Io dico che l’Azione cattolica è un’associazione che ha una storia ricchissima, ma ha anche un presente e un futuro innanzi a sé. Ha un presente perché è oggi presente in tutto il territorio nazionale, in ogni diocesi italiana; è ricca di presenze di ragazzi, di giovani e non solo di adulti; e al di là di questi dati, ciò che più conta è che l’Ac nella vita della Chiesa rappresenta un’associazione pienamente impegnata a condividerne la missione, ma condividerla facendo crescere la responsabilità dei laici. Questo è, d’altra parte, l’insegnamento del Concilio Vaticano II: far crescere la responsabilità dei laici”.
Cosa vuol dire responsabilità?
“Non è una responsabilità fine a se stessa, non è legata in modo esclusivo a funzioni e compiti: è una responsabilità come un ‘essere’ prima di un ‘fare’, come un ‘essere’ che diventa naturalmente un ‘fare’. E quindi, in questo senso, la responsabilità si fa ‘corresponsabilità’ perché diventa condivisione dell’unica grande missione della Chiesa. Il Concilio sottolinea con forza che prima di tutto si è chiamati a partire da quello che chiama ‘il secolo’, cioè la dimensione secolare, la dimensione della vita quotidiana, nelle tante realtà in cui ciascuno è chiamato a spendersi, famiglia, scuola, lavoro, amici, internet o quello che sia. Allora la responsabilità la vivi come un sentire complessivo su cui poi naturalmente si fondano anche aspetti specifici di impegno”.
Una delle cose che si sentono dire dell’Ac è che non sarebbe capace di provocare la conversione, il cambiamento di vita.
“Una valutazione sicuramente ingenerosa, anche perché il tema della conversione non si può misurare con un metro umano e quantitativo. In secondo luogo, un’osservazione del genere è fatta da chi non conosce l’esperienza dell’Ac che, sia pure in forme non eclatanti, accompagna e incoraggia nel cammino di fede tante persone, e in certi casi persone che si incontrano nuovamente con la vita della Chiesa. In questo senso, forse non si può parlare di primo annuncio, ma sicuramente di un secondo annuncio; che oggi però è altrettanto importante, perché viviamo in una società che ha preso le distanze da un riferimento costante alla vita della Chiesa e al Vangelo”.
Nel suo discorso, ha ricordato il rinnovamento dell’Ac nel dopo-Concilio; una delle caratteristiche dell’associazione è la democrazia interna. Anche questo è un aspetto forse poco compreso.
“Effettivamente è un aspetto poco compreso perché non tutti colgono che la scelta democratica dell’Azione cattolica è una conseguenza dell’insegnamento conciliare sulla responsabilità dei laici. Se i laici devono portare la responsabilità della propria associazione, devono essere capaci di assumere in prima persona la responsabilità delle proprie associazioni. La dimensione democratica ne è la traduzione concreta in termini di partecipazione e anche di scelte da compiere, scelte che toccano alle persone che aderiscono all’Ac. Quindi la dimensione democratica esprime partecipazione e coinvolgimento”.
Papa Francesco e l’Azione cattolica.
“Papa Francesco ha messo al centro del suo insegnamento e della sua testimonianza la dimensione della gioia e della capacità di trasmettere questa gioia in tutti gli ambienti della vita. Noi ci lasciamo interpellare dalla sua testimonianza, e ci sentiamo fortemente incoraggiati a seguirlo partendo dalle nostre piccole esperienze sparse su tutto il territorio nazionale. Ci impegniamo a sostenere questa Chiesa ‘in uscita’, come lui dice, in tanti luoghi concreti della vita. E in un certo senso, è una Chiesa che vuole spingerci ad uscire da noi stessi, come persone e come associazione, e a vivere nella gioia. Non a caso – già cogliendo il senso del suo insegnamento prima ancora della sua esortazione apostolica – abbiamo intitolato il nostro cammino assembleare ‘Corresponsabili della gioia di vivere’, mettendo questo come base di riferimento fondamentale anche delle tante forme di corresponsabilità cui siamo chiamati. La corresponsabilità della gioia di vivere è proprio quella che lui insegna, cioè sentirsi partecipi della vita delle persone, specie di quelle più povere, più in difficoltà”.