Che l’Umbria sia una delle regioni più “canute” d’Italia è fatto ormai ben noto. Basti pensare che la popolazione anziana costituisce quasi un quarto (23,1%) di quella totale e che gli over-75 sono stimati a 100.000 persone, quattro volte tanto di quarant’anni fa (dal 4,4% del 1971 al 11% del 2011). La pianificazione normativa inerente ai servizi e alle strutture dedicate agli anziani diventa, quindi, un imperativo categorico per la Regione che, infatti, ha da poco approvato il Regolamento per il funzionamento delle strutture rivolte ad anziani autosufficienti.
La nuova normativa però non piace ai gestori di tali realtà, in quanto – sottolineano – va a legittimare situazioni di disagio e di abbandono per l’anziano che si ritrova solo e privo di assistenza. Al centro del malcontento, un comma del Regolamento che prevede, nel caso in cui la persona anziana perda la propria autosufficienza, che la struttura socio-assistenziale in cui è ospitata denunci la cosa alla Asl di competenza. “Accertata la condizione di non autosufficienza – si legge nel Regolamento – la persona anziana è iscritta nelle liste per l’inserimento nella residenza protetta (…). Il periodo di permanenza della persona anziana nella struttura socio-assistenziale non può superare i 90 giorni dall’accertamento della condizione di non autosufficienza. La maggiore intensità assistenziale socio-sanitaria della persona anziana nei 90 giorni è garantita dall’Azienda sanitaria locale competente per territorio attraverso la presa in carico con un programma di assistenza domiciliare integrata”.
“Questa norma non ci piace” sottolinea Luciano Viscioletti, presidente dell’Acradu (Associazione cristiana residenze anziani e disabili) che raccoglie circa l’80% delle residenze socio-sanitarie umbre, con 34 strutture associate e 1.300 posti letto. “Poiché tutto il peso del trasferimento dell’anziano diventato non autosufficiente è scaricato sulle Asl, mentre le strutture hanno il solo dovere di denunciare il fatto. Nella teoria è tutto giusto, ma nella pratica le Asl non sono in grado di reggere un tale compito. I pesanti tagli di questi mesi, infatti, hanno portato al blocco degli ingressi nelle Residenze protette, che ospitano gli anziani non più autosufficienti, e quindi i 90 giorni previsti dalla norma per il trasferimento vanno a moltiplicarsi a dismisura. La permanenza di un anziano in una di queste strutture – precisa il presidente di Acradu – costa circa 2.600 euro al mese, che venivano normalmente divise metà a carico delle Asl e metà a carico dell’anziano. Ma se la Asl non può più fornire questo tipo di integrazione, l’anziano si trova a non potersi più permettere di pagare l’intero costo. Si ripiega, quindi, sulla permanenza nelle strutture per autosufficienti, che hanno un costo di circa 1.500 euro al mese”.
“Ed è qui che sta il problema – continua Viscioletti – perché le strutture per autosufficienti non sono adeguate all’assistenza sanitaria di coloro che non sono più autonomi, in quanto nascono come strutture sociali in cui si organizzano attività ricreative e di gruppo, ma non servizi sanitari specifici. Con questa nuova norma si è venuta a creare una sorta di ‘sanatoria’ che legittima la mancanza di ricovero per l’anziano e lede il suo diritto a ricevere un’assistenza adeguata. Di fatto, le strutture per anziani autonomi diventano socio-sanitarie senza averne i titoli e i requisiti e, avendo solo l’obbligo di denunciare alla Asl il cambiamento di situazione dell’anziano, possono continuare a ospitare, in maniera del tutto legale, anche persone non più autosufficienti. Anche dal punto di vista del controllo – sottolinea ancora Viscioletti – la differenza è sostanziale, perché le residenze per autosufficienti sono controllate dai soli Nas, mentre quelle protette anche dalle Asl. E gli stessi Nas, nel caso in cui trovino alcuni anziani non autonomi in strutture non adeguate a loro, non possono fare nulla, se la denuncia è già stata fatta dalla residenza. Questo stato di cose – conclude Viscioletti – ci preoccupa e ci spaventa. A nostro avviso, andava previsto un percorso d’urgenza in queste situazioni, per cui l’Asl fosse inderogabilmente obbligata, allo scadere del tempo previsto, a trasferire l’anziano in strutture idonee. L’anziano ha il diritto di essere guidato e assistito in tutta la rete, soprattutto in quei casi in cui manca la famiglia, e quindi il tutto è demandato ai soli servizi sociali”.
I dati in umbria
Record negativo
L’Umbria è “maglia nera” in Italia circa le strutture per anziani. Lo ha sottolineato il vice presidente della Provincia di Perugia, Aviano Rossi, esponendo i dati aggiornati. Su 288 verifiche sono state riscontrate ben 102 irregolarità (1.473 nazionali); sono state elevate 26 sanzioni amministrative (su 1.438 nazionali) e 100 sanzioni penali (su 14.44). Inoltre 34 provvedimenti di chiusura (su 150 nazionali), record nazionale solo avvicinato da Lazio (26), Campania (25), Sicilia (23). In 2 casi sono scattate le manette, mentre 54 strutture sono state segnalate all’autorità giudiziaria. Infine, per le Residenze sanitarie assistenziali in Umbria sono stati emessi 4 provvedimenti di chiusura (su 12 a livello nazionale) e 8 segnalazioni giudiziarie (su 122 nazionali). “Vista la situazione – ha affermato Rossi – l’Asl fa sapere di aver bloccato le autorizzazione a nuove strutture, cercando di consolidare quelle già esistenti. Le liste di attesa per entrare in queste strutture sono molto lunghe e la domanda è doppia rispetto all’offerta”.