L’aborto non è una nobile conquista

Non voglio sostenere che la vita di un nascituro valga più di quella della madre che lo porta in grembo. E non mi metterò a polemizzare se qualcuno dice che vale meno, come ha fatto la nostra Corte costituzionale nel 1975. Ma non riuscirò mai ad accettare che si dica che vale zero. Che è quello che dicono, alla fine, tutti coloro – e sono una massa – i quali proclamano il “diritto di abortire” come un diritto intoccabile, rifiutando ogni limitazione legale e ogni azione anche blandamente dissuasiva.

Sia chiaro che, per quanto mi riguarda, non voglio leggi repressive e punitive. Mi basterebbe che, pur mantenendo la libertà di aborto – nei limiti in cui è ora riconosciuta dalla legge italiana –, fosse però presente alla coscienza di tutti che il nascituro non è una “cosa” senza nome e senza dignità, ma un essere umano, che ha la sua identità e sta vivendo la prima fase della sua vita. E che questa vita ha, dunque, il diritto di viverla come tutti gli esseri umani. Non perché lo dicano la Chiesa o un’altra fonte di ispirazione religiosa.

Ma perché così vorrebbe (anche) una moralità laica e razionale coerente con i propri princìpi, e rispettosa di ciò che la scienza ci dice intorno a quell’essere. Del resto, abitualmente tutti i genitori, non appena sanno dell’esistenza di quell’essere, ne parlano gioiosamente come del “nostro bambino”, come se fosse già nato; e ora che la tecnica consente ben presto di conoscerne il sesso, già scelgono il suo nome e con quello lo chiamano, parlandone fra loro e con altri.

Di fatto, dunque, la coscienza collettiva già percepisce la dignità umana e l’identità del nascituro. Ma se entra in campo l’argomento “aborto” ecco che allora, nella coscienza dei più, cala l’oscurità e viene zittito chiunque tenti – come faccio io adesso – di ricordare, magari sommessamente e pacificamente, che insomma si sta parlando di un figlio. Ci sono casi nei quali l’aborto è una dolorosa necessità? Si può discuterne. Ma sempre conservando il rispetto e la pietas per quella creatura incolpevole; e non presentando la liberà illimitata di aborto come una conquista di civiltà.