Dal 2011 a oggi ho potuto ogni anno reincontrare colui che già allora, negli anni ’50 del XX secolo, a Roma, quando giovanissimi ci stavamo preparando al sacerdozio, mi aveva impressionato per la profondità e l’equilibrio della sua personalità, di uomo e di prete. Don Angelo Favero, veneziano. Oggi titolare di una parrocchia a Mestre, in cui sovrabbondano i vecchi come me e come lui; ma lui, quelle persone che Dio gli affidato, le ama di un amore viscerale. E ogni settimana invia loro un messaggio. Vorrei che i miei lettori ne assaggiassero la qualità inviando la propria e-mail a angelofavero@tiscali.it. Ecco quello che don Favero ha scritto dopo il primo turno delle amministrative.
Questo nostro tempo. Finalmente una buona notizia: Grillo in caduta libera, e i grillini fanno silenzio perché non sanno cosa dire di fronte a tanta sconfitta. In Italia talora, purtroppo non sempre, si cerca di fare le persone serie e di non perdere la faccia di fronte alle scelte di fondo cui si è chiamati.
Diciamolo con schiettezza: non è possibile costruire sul nulla una politica a favore del nostro Paese. Non ci si può fidare di una politica isolazionista, avulsa dai temi fondamentali della nostra nazione, impostata unicamente sul no a tutto, a prescindere dalla storia, anche recente, che ha formato l’Italia e l’ha resa protagonista tra le nazioni per operosità, inventività, costruttività.
Per lungo tempo abbiamo subìto accuse di essere un popolo poco serio… Siamo stati accusati di non essere una “nazione” allorquando il Metternich nella prima metà dell’800 affermava che l’Italia è una semplice “espressione geografica”. Siamo stati accusati di essere bravi nel ballo del valzer allorquando, nell’imminenza dello scoppio della Prima guerra mondiale, abbiamo cambiato quasi improvvisamente le alleanze contratte a livello internazionale passando dall’alleanza con gli Imperi centrali all’alleanza con Francia e Inghilterra. Siamo stati capaci di snobbare la Società delle nazioni, con sede a Ginevra, sotto il fascismo, con un’economia cosiddetta autarchica, tanto da renderci odiosi agli occhi delle nazioni tradizionalmente liberali e democratiche.
E oggi che fama godiamo? Eravamo sul punto di renderci ridicoli mettendo al Governo un comico dal cipiglio dittatoriale senza alcuna cognizione di cosa significhi prendere decisioni nel campo economico e finanziario, senza alcuna preparazione nella gestione politica, senza uno sguardo capace di comprendere la vera collocazione dell’Italia nel consesso delle nazioni europee, per cui con grande facilità si poteva passare dall’euro alla negazione dell’euro, dalla partecipazione all’Unione europea alla sua uscita, con la semplicistica motivazione di aver fatto appello attraverso il Web al consenso della base cui aderivano, con mens bovina, un gruppo ristretto di persone corrispondenti allo zero virgola dell’intera popolazione italiana. Mancanza del senso del ridicolo… Oggi respiro meglio. Ho evitato l’ennesima frecciata da parte degli altri governanti europei.