Scrivo al termine di una giornata shockante. Il giorno che ha visto Papa Benedetto rinunciare a presenziare all’inaugurazione dell’anno accademico all’Università La Sapienza di Roma, in seguito alla lettera aperta di 67 egregi docenti e alle piazzate progettate da studenti in cerca di sensazioni forti, là dove dovrebbero essere di casa solo sensazioni profonde. ‘La Sapienza’: come suona stonato, oggi, questo nome. Sapientia, id est sapida scientia. Tra la scienza alfanumerica e anodina, senza colore senza sapore, la sapienza che ha già pienamente il sapore dell’uomo, c’è di mezzo quel sàpere che viene dalla stessa radice di ‘sapore’. Che stavolta è il sapore dei succini immaturi, che allappano. Tutti gli uomini hanno una loro cultura. Ogni persona umana, nella misura in cui gli è permesso di scegliere, adotta, più o meno coscientemente, questo o quel modello di auto-coltivazione: una piccola minoranza di fortunati, tra i quali ci dovrebbero essere i docenti universitari e (udite! udite!) anche i giornalisti, ‘fa cultura’ come attività riflessa: riflette cioè, perché la vita glielo ha permesso, sull”essere’ e sul ‘dover essere’ della cultura che soggiace ai convincimenti e ai comportamenti degli uomini del suo tempo. Oggi il referente di ogni attività di questo tipo, da noi, in Occidente, è la cultura della autonomia, la convinzione cioè che ad ogni branca dell’attività umana vada riconosciuta la sua autonomia: la politica, l’arte, l’economia, la scienza, ecc. hanno un loro ambito proprio, delle dinamiche tipiche, obbediscono a leggi proprie. Ma chi, tra gli uomini che ‘fanno cultura’, ha avuto il dono della fede, se è un cristiano adulto, e non un talebano mascherato, riconosce la giustezza di questa impostazione, e al tempo stesso chiede a ogni branca dell’attività umana di prendere coscienza della propria innata limitatezza e di entrare a far parte di una sintesi superiore, nella quale le sue ragioni specifiche si compongano con le ragioni degli altri, a vantaggio di una sintesi superiore, governata dal Dna dell’uomo come persona. In questo noi cattolici, da alunni coscienti ma non succubi,’iconosciamo al Papa un ruolo unico, che è quello del maestro, essenziale ma diverso da quello dello sciamano. Esigiamo da lui che proprio in questo momento parli. E potremmo anche contestarlo, sempre nel rigoroso rispetto dei ruoli e nell’obbedienza al suo e nostro Signore. Ma loro, i docenti ‘laici’, no. Per loro, Benedetto XVI è solo il prof. Joseph Ratzinger. E andava trattato con tutto il rispetto che si deve ad un professore di grande levatura morale e scientifica. Saranno pure dei pensatori raffinati!, non ne dubito, quei 67 docenti, ma stavolta si sono comportati come contadini alle prime armi: si sono dati la zappa sui piedi.
La zappa sui piedi
AUTORE:
Angelo M. Fanucci