La voce del Dio giusto

di Giovanni Capetta

“Dio presiede l’assemblea divina, giudica in mezzo agli dèi: fino a quando emetterete sentenze ingiuste e sosterrete la parte dei malvagi?”. Il Salmo 82 immagina Dio in una sorta di aldilà in cui rimprovera gli altri dèi per le loro ingiuste sentenze. Il testo, secondo gli studiosi, si presta a due possibili interpretazioni.

Per la prima, il componimento intende stigmatizzare la debolezza degli idoli a cui erano devoti gli altri popoli. Per l’altra, la requisitoria sarebbe nei confronti dei giudici umani, corrotti e lontani dalla veridicità della Legge. In entrambi i casi, il monito è esplicito: “Difendete il debole e l’orfano, al povero e al misero fate giustizia! Salvate il debole e l’indigente, liberatelo dalla mano dei malvagi!”. Tutta la Bibbia è attraversata da questa perentoria e ostinata opzione preferenziale per i poveri.

Il che non era scontato ai tempi in cui questa parola veniva scritta, e ancor meno lo è oggi nel nostro contesto globale. Davvero talvolta può sembrare che i potenti del mondo “non capiscono, non vogliono intendere, camminano nelle tenebre”, e così “vacillano tutte le fondamenta della terra”. Il perverso squilibrio di cui siamo protagonisti, tra una parte dell’umanità assolutamente privilegiata e un enorme “resto” che lotta per la sopravvivenza; una distribuzione delle risorse platealmente iniqua, la sempre più compromessa situazione ecologica evidenziano come la nostra Era sia quanto mai idolatrica.

Oggi gli idoli si materializzano sia sotto forma di cose – riconducibili tutte al denaro – sia sotto forma di persone (anche solo gli opinion leader o influencer sono figure idolatrate). Rispetto a ciò la Parola di Dio non permette fraintendimenti: “Io ho detto: Voi siete dèi, siete tutti figli dell’Altissimo, ma certo morirete come ogni uomo, cadrete come tutti i potenti”.

Ė un verso che Gesù cita esplicitamente (Gv 10, 32-36) per contrastare chi lo accusa di bestemmiare definendosi Figlio di Dio. Il suo ragionamento è questo: se, con il Salmo, la Scrittura – che anche i suoi interlocutori considerano veritiera – definisce “dèi” coloro a cui è rivolta la Parola di Dio, perché faticano a riconoscere come Dio colui che con opere e parole compie la volontà del Padre?  Ė chiaro che non si tratta di vincere una dimostrazione dialettica, ma di vivere la libertà della fede. Gesù compie anche dei segni, ma è nell’incontro personale con lui che possiamo riconoscerlo come Signore della nostra vita.

I Padri della Chiesa hanno molto commentato questo Salmo per aiutare i credenti a comprendere l’incarnazione di Dio che si fa uomo come noi perché noi si possa diventare come lui: è il mistero del Natale, che tradizionalmente viviamo come una festa gioiosa, senza eguali nel resto dell’anno. Una festa familiare per eccellenza, in cui il calore delle relazioni più prossime sprigiona tutto il suo beneficio, e che possiamo sempre in qualche modo orientare in chiave di condivisione più piena con i fratelli, in particolare con quelli che hanno di meno. Questa è la giustizia di misericordia a cui siamo chiamati, una dimensione molto più esigente della semplice generosità, o tanto meno dell’elemosina.

Seguendo le orme di un Dio che si fa povero, possiamo testimoniare la nostra adesione a lui riempiendo non tanto di cose, quanto di significato, la vita di chi incontriamo. Se ogni famiglia cristiana saprà colmare della sua presenza la solitudine di un solo povero nel mondo, anche questo Natale non ci sarà stato donato invano.

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