Al termine dell’anno scolastico è tempo, o meglio sarebbe tempo di fare dei conti su vari piani: promossi e bocciati, popolazione scolastica in aumento o in regresso, il costo per lo Stato, il peso e il ruolo delle scuole paritarie – che si dicono “private” ma svolgono una servizio pubblico – e soprattutto, ma è il più difficile, un esame sulla crescita che l’insegnamento ha prodotto sul piano delle conoscenze e delle coscienze. Qualcuno, materialista più o meno inconsapevole, dirà: “Che c’entra la coscienza?”. Ma se la scuola non incide sulla formazione del senso della responsabilità verso se stessi e gli altri – e questo è fondamentalmente la coscienza morale – può accadere per paradosso (notizia di mercoledì) che un ragazzo di una scuola media vada in classe con un coltello in tasca, “per difendermi dai più grandi”, avrebbe detto.
A proposito di scuole paritarie – vedi il referendum di Bologna -, i cattolici, almeno loro, dovrebbero essere più chiari e risoluti nel difendere la libertà d’insegnamento senza complessi d’inferiorità verso coloro che sono ideologicamente contrari. La cosa di cui queste scuole devono essere garanti è l’alto livello per qualità d’insegnamento e libertà di pensiero. Dal punto di vista economico, si sa che la scuola paritaria farebbe risparmiare il bilancio pubblico, perché il costo a carico dello Stato è stato calcolato pari a circa il 2% della spesa complessiva per la scuola, mentre il servizio svolto in Italia va a beneficio del 21% della popolazione scolastica. Vi è inoltre un’altra querelle che riguarda l’ora di Religione cattolica.
Una questione controversa, sulla quale vanno ad appuntarsi le critiche dei protestanti e dei partiti della sinistra radicale: vorrebbero eliminarla o trasformarla in un insegnamento di tutte le religioni o di morale laica o altro, con il pretesto che la scuola italiana è frequentata da alunni di religioni diverse. Non vi è dubbio che il problema si pone, e gli insegnanti devono esserne consapevoli. La famosa “ora alternativa” andrebbe attuata per chi si sente a disagio a seguire un insegnamento cattolico. Una soluzione didattica regolamentata finora non è stata trovata, e le ipotesi presentate sono piuttosto confuse o irrealizzabili.La via pratica dell’insegnamento religioso, seguita da molti docenti in linea con le indicazioni della legislazione scolastica, che può eliminare ogni disagio, consiste nel dare a quell’ora un carattere culturale e una finalità coerente con l’intero progetto formativo scolastico nella sua totalità. Non si va a scuola a fare proselitismo, ma a fornire ai giovani le chiavi interpretative – che hanno la loro origine nella fede cattolica – di tutte le espressioni della storia della nostra civiltà, italiana ed europea, dall’arte alla politica, al carattere del popolo, ai pregi (Santi) e difetti. In questa prospettiva, gli alunni di altre culture saranno i primi a volersi servire di tale insegnamento per scoprire le radici di un popolo al quale rischierebbero di rimanere estranei.
C’è pure, e non solo per la religione, una “via umbra” all’educazione e alla formazione dei giovani. Essa viene da lontano, dai santi umbri, specialmente Benedetto e Francesco e, da vicino, dall’evento interreligioso dal quale è sorto e si è levato alto sul mondo lo “spirito di Assisi”, in quella famosa Giornata mondiale di preghiera delle religioni per la pace del 27 ottobre 1986. Anche su queste basi un bilancio è da fare.