Il primo catechista è Dio
Ricorda il Documento base sulla catechesi: “La testimonianza specifica del catechista è l’insegnamento. Egli è maestro perché si fa continuamente discepolo di Gesù e della Chiesa… Per questo la sua formazione è permanente e continua alla scuola del Maestro divino e della Chiesa, lasciandosi guidare dallo Spirito santo, il vero catechista che svela i misteri di Dio e li comunica, con il dono della sua sapienza, a chi si lascia investire dal suo soffio divino. Il catechista non può mai improvvisare né tanto meno recitare una lezione; deve impartire un insegnamento vivo che lo renda interprete fedele della rivelazione di Dio e della Tradizione della Chiesa. Egli sa che la catechesi apre all’intelligenza e al cuore di ogni credente il mistero di Dio, che si rivela nella storia e si attua ogni giorno in chi l’ascolta e se ne fa discepolo” (n. 187).
Nella misura in cui nei catechisti cresce questa consapevolezza, unita all’impegno di ricercare sempre vie e modalità nuove di studio e di proposta della fede, la loro azione risulterà efficace via di santità per loro stessi, oltre che di stimolo e di orientamento per chi ne riceve l’insegnamento e la testimonianza. Tutto ciò non deve intimorirci, perché la catechesi ha come soggetto primo lo Spirito, che opera misteriosamente nel cuore; è Lui che ci guida alla verità tutta intera e ci svela le cose nascoste e difficili da comprendere. Nel contempo, Egli si serve della nostra collaborazione e dunque dei nostri talenti e capacità. Il catechista non è mai solo nello svolgimento del suo servizio: lo sostiene lo Spirito Santo, lo aiuta tutta la Chiesa con cui è in comunione. L’azione catechistica, però, resta sua, inconfondibile, viva, quasi creatrice. Può essere modesta e umile ma, se sorretta dall’amore, è sempre feconda.
Papa Giovanni Paolo I diceva che il catechista deve essere anzitutto una persona ricca di virtù umane, proprie di ogni adulto maturo; un cristiano che sa di aver ricevuto da Dio la fede grazie alla quale può diventare discepolo, seguendo Gesù e amandolo nella sua Chiesa; deve essere un membro attivo della comunità con la partecipazione alla vita sacramentale e spirituale; un maestro ed un educatore con l’esempio e l’insegnamento; un artista, perché mette le sue doti umane e spirituali a disposizione dell’annuncio, mostrando così che la fede esalta le capacità personali e non le mortifica ed è cammino di realizzazione piena delle risorse e potenzialità positive che Dio ha dato ad ogni persona. Nel cuore di ogni catechista dovrebbero risuonare le parole dell’Apostolo: “Ho un vivo desiderio di vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale, perché ne siate fortificati, o meglio, per rinfrancarmi con voi e tra voi mediante la fede che abbiamo in comune voi ed io… Sono in debito verso di voi e sono pronto, per quanto sta in me, a predicarvi la Parola di Dio, perché non mi vergogno del Vangelo, che è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (cf Rm 1,11-16).Tale forte convinzione nasce in san Paolo dal fatto che ha ricevuto da Cristo stesso il compito di essere evangelizzatore in suo nome, fino ai confini della terra. È questa coscienza del mandato ricevuto che deve alimentare la speranza di ogni catechista, anche di fronte alla difficoltà del suo ministero. Il mandato del Vescovo genera una speciale “solidarietà” tra i catechisti e rende efficace la loro opera, perché fonda il loro agire sulla fede trasmessa dalla Chiesa e dai suoi Pastori. Vorremmo che il Convegno regionale, mentre richiama queste verità, diventasse come una “ricarica” di entusiasmo e motivazione per tutti i catechisti, chiamati oggi più che mai ad essere “testimoni di una gioia piena e traboccante”, che scaturisce dall’incontro con il Signore risorto e dal compimento fedele della missione ricevuta.