Bisogna “tirare su la testa”, se vogliamo preservare corpo e mente, e imparare a staccarci dal cellulare. Una recente ricerca sostiene infatti che il 51% dei ragazzi tra i 15 e i 20 anni ha difficoltà a prendersi una pausa dalle nuove tecnologie, tanto da arrivare a controllare in media lo smartphone 75 volte al giorno. Un’abitudine diffusa che ormai vediamo verificarsi dai mezzi pubblici fino ai ristoranti e anche a scuola.
Dove prima si sfogliava un giornale, ora si “scrolla” velocemente per dare un’occhiata e magari commentare al volo su Facebook. Dove si mangiava in compagnia, ora ci si distrae tra un piatto e l’altro con un messaggio di Whatsapp, spesso a scapito della conversazione. Lo facciamo tutti, grandi e piccoli. Anche in casa, indiscriminatamente. A raccontarne i disagi fisici e psicologici sulla popolazione americana è un articolo del New York Times salito sul podio dei più cliccati in una manciata di ore. L’attenzione sale, il problema va affrontato.
Federico Tonioni, psichiatra e psicoterapeuta che si occupa di dipendenze patologiche e guida il Centro pediatrico interdipartimentale per la psicopatologia da Web del Gemelli di Roma, afferma che “è una questione più evolutiva che patologica. Il mondo si è evoluto con la tecnologia: i nostri figli nascono con i telefonini, e noi non possiamo rapportarci a loro privandoli di questi strumenti. Dobbiamo avere un nuovo modo di pensare senza stigmatizzare l’uso dei cellulari, senza sottrarli ai nostri figli come forma di punizione ma imparando tramite il dialogo – a fargli capire come ci si può rapportare con i cellulari. Considerando che spesso sono i genitori a utilizzarli senza sosta, gli adulti dovrebbero darsi delle regole. Siamo troppo sedotti dalle tecnologie”.
L’uso costante dei social e dei telefoni porta poi i ragazzi a “una differente empatia: attivano le emozioni solo quando vogliono loro, e disinvestono dal proprio corpo. Questi fenomeni, col passare degli anni e la crescita del digitale, saranno sempre più frequenti”. La chiave più immediata per uscire da questa doppia spirale da danni mentali e fisici è, per Tonioni, una sola: “Spegnere i telefonini e insegnare i figli a farlo tramite trattative. Basta far capire loro che con il telefono spento si può comunque vivere”.
I danni dell’iperconnessione agli smartphone non sono solo emotivi e psicologici ma anche fisici. In media la nostra testa pesa intorno ai 10 chili: ogni giorno, per almeno 47 volte, la abbassiamo per controllare le notifiche sul nostro smartphone e per 2.600 volte tocchiamo il telefonino controllando ad esempio mail e messaggi. Se questo vale per gli adulti, negli adolescenti le ore passate col capo chino sul telefonino raddoppiano.
Cifre che portano a due conseguenze precise: ne risentiamo sia fisicamente che mentalmente. I primi a essere colpiti, oltre alla vista, sono infatti il collo e la nostra cervicale che, con una postura non corretta e la pressione del capo all’ingiù (che arriva a 27 chili) può influenzare negativamente umore e comportamento, dando luogo a stati di ansia, depressione e isolamento e difficoltà di memoria.
Alziamo tutti la testa, dunque, e impariamo a dosare l’uso, utile ma non indispensabile, dei nostri smartphone.