La storia umana è una danza di migrazioni da almeno un milione e settecentomila anni (1.700.000). L’acqua del mare insegna: ferma, imputridisce! Il mare è in movimento ogni giorno, a volte dolcemente, a volte con tempeste e tsunami; sempre con le basse e alte maree. Così il mare è sorgente inesauribile e innovativa di vita vegetale animale e umana. Solo l’ignoranza, la memoria corta, le paure cieche e irrazionali trasformano le migrazioni in incubi. Senza negare i problemi che pongono e che hanno sempre posto sia a chi si muove che a chi riceve – ma la vita cresce e si sviluppa solo nel movimento e nell’accettazione giornaliera delle sue sfide. I giovani sono i grandi attori delle migrazioni non solo dal Sud al Nord ma anche, un’ondata nuova e crescente, dal Nord al Sud. Sono i vecchi di corpo e di mente e gli invecchiati che sognano staticità e muri e rigettano quei ponti di cui il “giovane ottantenne” Papa Francesco è l’alfiere.
Abramo, Giacobbe, Gesù, cristiani… salvati dall’emigrazione
Uno sguardo alla Bibbia: Abramo fu un grande emigrante! Viveva presso il fiume Eufrate nell’attuale Iraq, sovrappopolato da uomini e animali. Dio e la sua intelligenza lo ispirano a muoversi versa terre nuove. Va in Palestina vicino al fiume Giordano. Ma la Palestina era suscettibile di terribili siccità; quindi non di rado i discendenti di Abramo emigreranno per tempi più a meno lunghi in Egitto, in cui pane e pasture erano assicurate dalla inondazioni periodiche del Nilo. Gesù stesso sfugge al re Erode che voleva ucciderlo rifugiandosi in Egitto, e dopo nove anni torna a Nazareth. Tanti cristiani durante i primi tre secoli delle persecuzioni imperiali si salvarono fuggendo da una provincia a un’altra dove c’era un governatore meno ostile e più tollerante. Lo stesso è avvenuto nel 1600 quando, al tempo delle guerre di religione, molti cristiani europei si salvarono emigrando in Africa, in Australia e nelle Americhe.
“Che restino a casa loro”: è la politica dello struzzo
Ne abbiamo sentite tante a cominciare dal presidente Donald Trump, che propone un muro per respingere i latino-americani. Eppure gli Usa hanno bisogno delle giovani braccia del Sud America, tanto che gli imprenditori americani si sono schierati contro Trump. In Inghilterra la Brexit per bloccare le immigrazioni è nella stessa linea. Gli immigranti vengono da quelle nazioni che l’impero britannico ha sfruttato al massimo per decine e centinaia di anni. Poi che ne sarà del tunnel sotto la Manica costruito per favorire l’integrazione europea? Lo chiuderanno? In Italia ci sono familiari le litanie di Salvini e di certi austriaci che minacciano di chiudere il Brennero! Risposte egocentriche, antistoriche, sbagliate, per un mondo senza futuro.
“Aiutiamoli a casa loro”: la tradizione missionaria non è più sufficiente
È quello abbiamo fatto noi missionari negli ultimi 200 anni con migliaia e migliaia di scuole, ospedali, promozione dell’agricoltura con semi nuovi come il girasole, il granoturco, il frumento, patate, pomodori, nuova tecnologia come il trattore, l’aratro, ecc. I soldi di tanti amici e benefattori come sono stati investiti? Per “aiutarli a casa loro”! Non inventiamo la ruota dopo che è stata usata per decine e centinaia di anni. Risposta buona, ma non adeguata alle nuove situazioni emergenti.
Quindi dobbiamo andare oltre. Nel 2017 per “aiutarli a casa loro” non bastano le “offerte”. Ci vogliono anche risposte politiche e di strategia commerciale, che l’Europa, Italia inclusa, non vogliono considerare. La politica europea e americana è protezionistica per impedire ai prodotti africani agricoli e ittici di entrare nei mercati del Nord. Solo i fiori hanno condizioni favorevoli. All’Africa il protezionismo contro i prodotti europei è proibito; ma l’Europa usa il protezionismo a piene mani. L’Africa è ricca di materie prime di ogni genere, dal rame all’oro, dai diamanti al cobalto, dal legname al cuoio, dal gas al petrolio. Ma chi fissa e imponi i prezzi? Europa e America, e non certamente in a favore dell’Africa. Diciamo la verità: Europa, America, Cina Giappone, India investono milioni in Africa ma portano via miliardi. “Aiutiamoli a casa loro” è una boutade, una fanfaronata, se non tocca la politica, l’economia, il commercio e la finanza. Anche la Chiesa dovrebbe diventare piu inventiva!
Senza contare che tanti migranti sono spinti fuori dalle loro terre anche quando il livello di vita è decente. Perché? La disoccupazione giovanile oggi induce giovani di tutte le nazioni ad andare dove c’è lavoro almeno stagionale. Dall’Europa un 15.000 giovani all’anno emigrano in Africa, senza contare i cinesi, gli indiani e altri asiatici, che forse sono anche di più. Non dimentichiamo che siamo 7 miliardi di persone, senza contare gli animali che pure esigono il loro spazio vitale su questo piccolo pianeta Terra che ha un diametro di soli 40.000 chilometri. Cosa sono 10 milioni che emigrano? Una minima percentuale! “Aiutiamoli a casa loro” non può bloccare completamente le migrazioni.
Una nuova risposta: imprenditoria sociale in Africa e partenariato con Europa
In Africa sta sorgendo un nuova attenzione: la promozione della imprenditoria locale. La chiamiamo imprenditoria sociale per sottolineare che è focalizzata sulla trasformazione delle società africana, prima di tutto producendo al massimo i beni di consumo interni a prezzi accessibili a tutti, e poi creando posti di lavoro per le nuove generazioni minacciate dalla disoccupazione. In passato l’imprenditoria africana era impossibile. Gli imprenditori dovevano essere europei, con l’aggiunta di qualche indiano; era la legge del colonialismo, che voleva rendere l’Africa sempre più dipendente dall’Europa. Oggi, per fortuna, la situazione è cambiata. Sta sbocciando una sentita mentalità imprenditoriale soprattutto tra le nuove generazioni. Lo sviluppo di atteggiamenti e metodologie imprenditoriali è parte di tutti i programmi scolastici dalle elementari in su. Noi alla “Cattolica” di Nairobi abbiamo ottimi programmi in tale senso. Ci manca ancora un buon partenariato con imprenditori europei e soprattutto italiani.
Noi possiamo favorire questa necessaria collaborazione tra gli imprenditori locali e quelli europei interessati a un guadagno equamente distribuito; è ovvio che non possiamo tollerare che gli imprenditori europei vengano in Africa a fare soldi, e che i locali mangino le briciole.
Conclusione: i dolori del parto per un mondo nuovo
Le sofferenze e le incertezze legate alle migrazioni, che oggi per la prima volta hanno raggiunto un livello globale, sono vere profonde e di difficile soluzione. Accettiamole in modo positivo vedendole, assieme a Gesù (cfr. Gv 16,21), come doglie del parto; sofferenze necessarie perché una vita nuova a livello planetario possa emergere. Accettiamo ognuno la sua parte; accogliamo gli emigranti che incontriamo nel nostro quotidiano con rispetto e amicizia; se possiamo, aiutiamoli volentieri.
Non dimentichiamo che le rimesse degli africani che vivono in Italia contribuiscono in modo determinante alla realizzazione dell’“aiutiamoli a casa loro”. E quando andiamo a votare, eleggiamo politici e amministratori che hanno proposte serie e serene sulla inevitabili migrazioni, anche se ci chiedono sacrifici. Non scegliamo quelli che, falsamente, gettano sugli emigrati la colpa per tutti i problemi dell’Italia.