Nella solennità di san Lorenzo, primo diacono della Chiesa, santo cui è dedicata la cattedrale di Perugia, il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti, nella messa della vigilia ha ordinato sette diaconi permanenti provenienti da sette comunità parrocchiali: Francesco Buono e Gian Mauro Maggiurana da Tavernelle; Giovanni Brustenghi dal Castiglione della Valle; Lanfranco Cipolletti da Cerqueto di Marsciano; Francesco Germini da Pila; Aristide Bortolato da Pierantonio; Luigi Fioroni da San Barnaba in Perugia.
Il giorno dopo il Cardinale ha presieduto la solenne concelebrazione eucaristica delle ore 11.30 in cattedrale, concelebrata come ogni anno da una folta rappresentanza di sacerdoti provenienti dai cinque continenti che a Perugia studiano l’Italiano.
Qui di seguito il testo dell’omeliatenuta dal Cardinale nel giorno della solennità, il 10 agosto scorso:
All’inizio di questa celebrazione, m’è caro salutare le autorità di ogni genere e grado, e, soprattutto, i sacerdoti di altre nazionalità che, per motivi di studio, sono presenti nella nostra Diocesi e nella nostra città. Voi, carissimi presbiteri, rendete presente fra noi quella Chiesa della Pentecoste, nata 50 giorni dopo la Pasqua del Signore, che canta ed esprime le meraviglie dello Spirito. Perugia possa essere sempre nei vostri confronti Chiesa e città accoglienti.
Carissimi, festeggiare il Santo Patrono è come festeggiare un padre, un fratello, un amico – San Lorenzo è uno dei santi più venerati nella Chiesa: il suo culto è antichissimo.
Per la Chiesa è sempre tempo di martirio
L’immagine del diacono Lorenzo, con gli strumenti della sua passione, che oggi veneriamo, ci rimanda ai tempi lontani, in cui i cristiani venivano perseguitati e condannati ad atroci supplizi. Purtroppo per la Chiesa è sempre tempo di martirio. Più di quattromila sono i cristiani uccisi fra il 2013 e il 2014 per motivi legati alla loro fede. Sessantamila cristiani sono imprigionati nei campi di detenzione della Corea del Nord. Più di mille chiese sono state attaccate da estremisti dell’Islam. Più di cento sono i Paesi del mondo in cui si registra un crescente disprezzo per la libertà religiosa.
Secondo l’ultimo Dossier della Caritas, almeno cento milioni di cristiani sono perseguitati e lottano per la fede. L’intolleranza religiosa, come ben sapete, sta purtroppo crescendo. Non possiamo restare indifferenti dinanzi a questi fatti che scuotono la nostra coscienza di uomini e di cristiani e non possiamo non farci carico delle sofferenze di tanti fratelli e sorelle.
Affrontare insieme alle Istituzioni civili il fenomeno migratorio e dei profughi
Un altro fenomeno dei nostri giorni: il problema migratorio e quello dei profughi. Gente costretta a lasciare la propria terra e consegnarsi nelle mani di trafficanti senza scrupoli, che si servono di essi come di merce da trasporto. In poco più di sette mesi, in migliaia hanno trovato la loro tomba nel Mar Mediterraneo. Fra questi, tante donne e bambini. Il Santo Padre ha parlato chiaramente: “Respingere i migranti? Questa è guerra! Pensiamo a quei fratelli partiti dalla Birmania… sono cacciati da un Paese all’altro e vanno per mare… quando arrivano in un porto o su una spiaggia – sono parola di Papa Francesco – danno loro un po’ d’acqua e un po’ da mangiare e li ricacciano in mare! Questo, dice il Papa, è un conflitto non risolto, questa è guerra, questa si chiama violenza, si chiama uccidere…”.
Cari Fratelli e Sorelle, noi vogliamo essere Chiesa solidale e vogliamo esprimere secondo le nostre possibilità un’accoglienza generosa e concreta, impegnandoci come Caritas e con l’aiuto delle Istituzioni locali, che regolano i flussi dei migranti.
Siamo chiamati ad amare i fratelli, soprattutto i più poveri del mondo
San Lorenzo, nostro celeste patrono aiuti tutti noi a vivere e a consolidare la civiltà dell’amore costruita in due millenni di cristianesimo e fondata sul Vangelo. Essa, non è compito solo di pochi esperti e non riguarda solo gli addetti ai lavori, ma è un dovere di tutti, ognuno per la sua parte. Cresca nei nostri cuori il fuoco della carità che infiammò san Lorenzo, il quale, caduto in terra come un seme, ci dice oggi che la misura definitiva del nostro essere amati da Dio è soltanto quella dell’amore verso i fratelli. Siamo chiamati ad amare i fratelli, soprattutto i più poveri del mondo, con quell’amore commovente e misterioso con cui ci ama Gesù. Amare per un cristiano significa dare vita, dare gioia, comunicare speranza.
La gente è stanca di attendere e di ascoltare tante promesse
Nell’omelia di ieri sera, durante l’ordinazione di sette diaconi, citavo le parole del Vangelo: “Gesù vedendo le folle che erano stanche ne sentì compassione”, sottolineando come anche oggi sia importante vedere le “folle stanche”.
Oggi il nostro popolo è stanco, spesso sfiduciato e demotivato… La gente è stanca di attendere e di ascoltare tante promesse, che spesso non vanno oltre le parole. I giovani sono stanchi, li vedo spesso depressi e umiliati, cercano un senso alto per la vita, un lavoro, e non hanno chi possa indicare loro la strada, chi possa essere da faro affinché la loro fragile imbarcazione arrivi sicura al porto dell’esistenza.
Sono stanche le coppie di sposi e sentiamo sempre più frequentemente di coppie che divorziano o si separano. Come vorrei che le giovani coppie potessero carpire la bellezza dell’amore sponsale e coniugale, dell’amore genitoriale e della fatica di essere padre e madre, non tanto perché si mette al mondo una vita, ma perché la si accompagna pazientemente, perché la si educa ascoltandola, formandola, fino a lasciare i figli liberi, liberi della libertà di Dio, capaci di scelte grandi, positive e belle.
Potessero davvero comprendere gli sposi cristiani che la loro primaria vocazione è quella di trasmettere l’icona del nome di Dio: Dio è amore e proprio la coppia uomo-donna, unita nel sacramento del matrimonio, rivela questa identità di Dio.
Un padre di cinquanta anni minacciato di sfratto è quel sacramento di Cristo che san Lorenzo aveva colto nei poveri
Sono trascorsi trentacinque anni dalla morte di Mons. Oscar Romero: oggi beato e martire della Chiesa. Otto giorni prima di morire ha concluso una sua omelia con queste parole: “Se vedessimo che è Cristo, l’uomo bisognoso, l’uomo torturato, l’uomo prigioniero, l’uomo ucciso, Lui in ogni persona umana calpestata così indegnamente lungo le nostre strade, vedremmo in questo Cristo calpestato una moneta d’oro che si raccoglie con cura e si bacia, né certo ci vergogneremmo di Lui”.
Un padre di cinquanta anni, con quattro figli, minacciato di sfratto, come mi è capitato di incontrare in questi giorni, non è forse anche lui sacramento di Cristo, segno della sua misteriosa presenza, proprio quel sacramento che Lorenzo aveva colto nei poveri? San Lorenzo, diacono, martire, nostro celeste patrono, aiutaci ad amare Cristo, i poveri e la Chiesa, che tu ha fecondato con il tuo sangue! Amen!