Volge al termine la stagione estiva che, come di consueto, ha visto un notevole spiegamento di animatori impegnati ad animare il Grest o il campo-scuola organizzati da molte parrocchie, che negli ultimi anni si sono dotate della struttura pastorale dell’oratorio senza equipaggiarla di educatori ma solo di animatori. Troppo spesso accade di vedere in circolazione animatori ‘senza foglio rosa’ o educatori che si mettono al volante ‘senza patente’. Forse è utile richiamare alcune nozioni di scuola guida, non con l’intenzione di ritirare la patente ma con l’obiettivo di stimolare chi l’ha presa a verificare se è scaduta.
Dare precedenza: esplorare la “frontiera” della pastorale giovanile tenendo bene a mente che essa deve essere saldamente ancorata a quella vocazionale.
Strada sdrucciolevole: prestare attenzione a non separare la pastorale giovanile da quella familiare, poiché la famiglia è la prima e indispensabile comunità educante.
Strada senza uscita: evitare di ridurre l’oratorio a uno “spazio aggregativo”, confermando la sua funzione originale e originaria di “laboratorio della fede”.
Caduta massi: tracciare percorsi di pastorale giovanile personalizzati, che sappiano farsi non generico richiamo ai valori ma provocazione, apertura di orizzonti.
Divieto di sosta: superare lo stallo di una pastorale giovanile legata ai “grandi eventi” o dissipata da una serie di “iniziative prive di iniziativa”.
Incrocio pericoloso: spronare i giovani a coniugare solitudine e comunione, sollecitandoli a stabilire relazioni autentiche, e non semplici connessioni o contatti.
Salita ripida: incoraggiare le giovani generazioni a puntare in alto, allenandole al sacrificio, al silenzio, alla sobrietà, alla solidarietà e, soprattutto, alla speranza.
Obbligo di catene a bordo: trasmettere ai giovani il fascino per le cose grandi, sostenendoli nel faticoso incedere dello sguardo – prima ancora che dei piedi! – verso le vette.
Limite di velocità: coniugare con le virtù teologali anche quelle cardinali, non rinunciando al “carattere asimmetrico” della relazione educativa.
Stop: coniugare mitezza e fermezza, pazienza e audacia, esercitando l’autorità di dire dei “no” che abbiano la stessa dolcezza del “sì”.
Divieto di transito: accostarsi ai giovani senza invasioni di campo, ben sapendo che nemmeno lo Spirito santo vuole operare senza il consenso della libertà umana.
Divieto di sorpasso: attendere con dolcezza e rispetto i tempi di maturità di ciascuno, riconoscendo che “ogni anima ha la sua pienezza del tempo”.
Divieto di segnalazioni acustiche: osservare e proporre, abbassando il tono delle inutili lamentazioni e riducendo il frastuono delle sterili esortazioni.
Raffiche di vento: esortare i giovani a distinguere le “folate di vento” delle ambizioni, che causano tristezza, dalla “brezza leggera” dei desideri che portano alle sante aspirazioni.
Direzione obbligatoria: avvicinare i giovani con “entusiasmo sincero” senza limitarsi a dare loro fiducia, ma stimandoli degni di fiducia.
Tutte le direzioni: spingere i giovani a prendere il largo, evitando di confinarli nella trincea del paternalismo che, se non riesce a possedere, non rinuncia a trattenere…
L’elenco potrebbe continuare, ma il semaforo delle battute a mia disposizione è diventato rosso: non vorrei correre il rischio di perdere il foglio rosa rilasciatomi dalla redazione de La Voce! Mi sia concesso solo lo spazio per un’ultima battuta: il Grest e il campo-scuola hanno occupato interamente la corsia riservata agli esercizi spirituali?
Bellissimo ed originale lo scritto di Mons. Gualtiero Sigismondi, Vescovo di Foligno, “La segnaletica dell’educatore” a pag. 15 de “La Voce” n. 30 del 30 agosto 2013. L’ho letto e riletto con viva attenzione, ripensando agli anni in cui nella Giac io sono stato delegato espiranti, ossia educatore dei ragazzi dai 10 ai 15 anni. Anni seri e bellissimi, di formazione per me dagli anni 16 a 23 e di formazione per i ragazzi a me affidati.
Delegato aspiranti era una missione, e quanto importante! Monsignor Sigismondi distingue educatore da animatore ed ha ragione: il movimento aspiranti andava benissimo e produceva frutto perché vi erano educatori veri, preti ma soprattutto giovani laici. E finisce lo scritto con una domanda: il Grest ed il campo scuola hanno occupato interamente la corsia riservata agli esercizi spirituali? Giustissima e semplice la domanda, difficilissima la risposta… Anch’io mi pongo questa domanda da tempo, dinanzi al fiorire degli oratori, dei Grest estivi, dei raduni di massa: Deo gratias. Ma gli educatori sono sufficientemente preparati? Non parlo di preparazione tecnica, tecnica o pratica che sia, ma di una preparazione vitale: gli educatori sono tali se sono esemplari, se presentano modelli di vita ai più piccoli. I delegati aspiranti erano a loro volta educati e formati da un forte movimento giovanile quale la Gioventù di Azione cattolica. Non nostalgia, tutt’altro, è un problema serio di pastorale giovanile; parliamone. L’azione educatrice è tale se è continuativa, io ho portato un’esperienza, altri portino le loro ed ancora grazie a Mons. Sigismondi.
Nicola Molè
Un sentito ringraziamento a S. Eccellenza per il meraviglioso articolo che cade in maniera provvidenziale tra le mie mani ed in maniera forte ed incoraggiante nella mia mente e volontà…finalmente qualcosa di serio, di bello, giusto e vero!!!
Proprio ieri a scuola discutendo degli argomenti da fare ad inizio d’anno con i colleghi, ho puntualizzato l’esigenza di scegliere dei testi per i ragazzi che gli aiutino a riflettere e non testi farciti solo di musica e vuoti di contenuti. Attaccato da una collega alquanto show nel suo fare gli ho risposto che la scuola ho un impianto educativo dal quale non possiamo prescindere o confondere con una ludoteca. Noi, come sottolinea bene il vescovo, siamo educatori e non animatori. Grazie eccellenza per questa riflessione alta nella profondità, grazie che ha parlato alla mia coscienza rafforzandola all’impegno per il bene.