Nei numeri 21 e 22 de La Voce del giugno scorso abbiamo dedicato due servizi sulla presenza dei figli degli immigrati che frequentano le scuole umbre. Non abbiamo nulla da aggiungere a quanto scritto allora. Solo il richiamo a considerare con attenzione la presenza di bambini, ragazzi e giovani che si trovano già inseriti in una istituzione fondamentale della nostra società, la scuola, in cui devono essere considerati nella maniera pedagogicamente più corretta per la loro crescita e per la crescita dell’intera comunità scolastica. Ciò vuol dire considerare la loro presenza del tutto normale in una normale situazione di pluralità etnica e culturale. Si devono in altri termini non enfatizzare le differenze, facendo leva soprattutto sulla fondamentale unità di sentimento e di comportamento dei ragazzi rispetto all’apprendimento, al gioco, alle relazioni interpersonali, ai bisogni materiali e immateriali di base. Considerare il fanciullo e l’adolescente che è presente prima e al di là della diversità di appartenenza etnica e di origine culturale. Altra dimensione comune e “normale” è la situazione in cui questi ragazzi si vengono a trovare di fronte alla società contemporanea, ai mass media, alle diverse opportunità economiche, agli avvenimenti della storia. Sarebbe un grave pericolo che la loro diversità venisse talmente marcata fino al punto da fare o permettere delle identificazioni con fatti o tendenze o ideologie presenti negli scenari della storia attuale (guerra, terrorismo ecc.). Le diversità che non possono essere sottaciute o negate possono essere trattate con molta discrezione e garbo e soprattutto con informazioni corrette, senza pregiudizi, con la consapevolezza che, anche nel modo in cui tali conoscenze si propongono, possono costituire fonti di disagio per gli uni o per gli altri. Le differenze, allora, potranno essere di aiuto e di stimolo per uno slancio di ricerca che, senza umiliare nessuno e senza mortificare la basilare tradizione culturale italiana può arricchire gli orizzonti della conoscenza. Dirigenti scolastici previdenti e illuminati hanno previsto già dieci anni fa la necessità di preparare gli insegnanti ad operare in classi multietniche, quando ancora vi era una presenza minima, uno o due bambini stranieri. Ora che la presenza è notevole ed in crescita è difficile pensare di lasciare alla improvvisazione di insegnanti che non hanno avuto alcuna informazione su culture e religioni di altri paesi il compito di istruzione e educazione di una classe diversificata.