Su La Voce del 24 gennaio, a pag. 14 nella rubrica delle lettere, è stata pubblicata una parte della mia riflessione intitolata “Siamo tutti sposi. Il mistero grande delle nozze”. Così, con semplicità, mi sentivo di esporre alcune osservazioni. Anzitutto vorrei rispondere all’obiezione riguardante la mia affermazione circa la questione dell’immagine di Dio: avevo scritto che ritenevo riduttivo riferire l’immagine di Dio soltanto al singolo individuo.
Esprimendomi in questo modo intendevo fare eco ai seguenti versetti biblici, citati nell’articolo: “Non è bene che l’uomo sia solo”; “Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò”. Alla luce di questi passi, reputavo che dividere la prima parte della frase dalla seconda, cioè separare l’uomo creato a immagine di Dio dal suo esistere concretamente come maschio e femmina, mi sembrava che non favorisse un’adeguata comprensione della parola biblica, e nemmeno della natura umana.
Certamente ogni singola persona è creata a immagine di Dio, ma tale immagine non potrà esprimersi compiutamente se non nella relazione comunionale, e l’uomo si relaziona sempre non solo con la sua mente e con il suo spirito, ma anche con il suo corpo. L’incarnazione di Cristo conferma splendidamente questa verità: egli si comunica a noi mediante il dono del suo corpo (espressione di tutta la sua Persona) e si unisce alla sua Chiesa formando con lei un solo corpo e un solo spirito.
D’altra parte, se Dio è Relazione, la sua immagine non può che esprimersi nella relazione. So che sant’Agostino colloca l’immagine di Dio nell’uomo interiore, tuttavia ritengo che ciò che affermo non è in contrasto con il suo pensiero; è solo un modo per ampliarlo, in sintonia con il magistero della Chiesa. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che la comprensione di questo mistero ha avuto diverse accentuazioni nella riflessione teologica, sviluppandosi molto nel corso del tempo.
Dobbiamo altresì ricordare che un particolare approfondimento lo dobbiamo soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II (come rileva la Commissione teologica internazionale in un prezioso documento del 2002 ratificato dall’allora card. Ratzinger), fino a trovare una mirabile sintesi nel magistero di Giovanni Paolo II. Pensiamo soltanto alle sue catechesi sistematiche sul matrimonio e la famiglia e sulla teologia del corpo, per non parlare del suo insegnamento espresso nella Mulieris dignitatem. In quella lettera apostolica, al n. 7, il Papa sostiene chiaramente che la differenza sessuale è parte integrante dell’imago Dei e che l’immagine e somiglianza di Dio si manifesta, oltre che nella natura umana libera e razionale, anche nell’unità uomo-donna.
Ecco perché mi sono permesso di affermare che è riduttivo riferire l’immagine di Dio soltanto al singolo individuo; riduttivo non vuol dire sbagliato, ma significa che è un approccio parziale che ci fa cogliere soltanto un aspetto di quella verità, non tutta. Inoltre se consideriamo l’imago Dei in rapporto all’unione sponsale di Cristo con la sua Chiesa (vera chiave di volta della questione), allora cogliamo come il maschile e il femminile assumano un valore che davvero stupisce per la sua profondità e ampiezza di significato.
Vorrei aggiungere che, a mio avviso, la questione dell’immagine di Dio riferita anche al corpo non è soltanto un argomento che riguarda la teologia, ma dovrebbe interessare anche la catechesi e la pastorale, se non vogliamo correre il rischio, nei cammini di fede o nei percorsi educativi in genere, di dividere la persona a settori. Giovanni Paolo II diceva: “Il corpo esprime la persona”. Tutta la persona.
Carlo Baldelli, Li sposò ogni giorno. Amati da Dio per amarsi fino alla fine (Ed. Porziuncola, 2013, euro 12)